Concordanze nella Divina Commedia di Dante (beta)

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Paradiso • Canto IV

[1] Intra due cibi, distanti e moventi
[2] d’un modo, prima si morria di fame,
[3] che liber’ omo l’un recasse ai denti;
 
[4] sì si starebbe un agno intra due brame
[5] di fieri lupi, igualmente temendo;
[6] sì si starebbe un cane intra due dame:
 
[7] per che, s’i’ mi tacea, me non riprendo,
[8] da li miei dubbi d’un modo sospinto,
[9] poi ch’era necessario, né commendo.
 
[10] Io mi tacea, ma ’l mio disir dipinto
[11] m’era nel viso, e ’l dimandar con ello,
[12] più caldo assai che per parlar distinto.
 
[13] Fé sì Beatrice qual fé Danïello,
[14] Nabuccodonosor levando d’ira,
[15] che l’avea fatto ingiustamente fello;
 
[16] e disse: «Io veggio ben come ti tira
[17] uno e altro disio, sì che tua cura
[18] sé stessa lega sì che fuor non spira.
 
[19] Tu argomenti: “Se ’l buon voler dura,
[20] la vïolenza altrui per qual ragione
[21] di meritar mi scema la misura?”.
 
[22] Ancor di dubitar ti dà cagione
[23] parer tornarsi l’anime a le stelle,
[24] secondo la sentenza di Platone.
 
[25] Queste son le question che nel tuo velle
[26] pontano igualmente; e però pria
[27] tratterò quella che più ha di felle.
 
[28] D’i Serafin colui che più s’india,
[29] Moïsè, Samuel, e quel Giovanni
[30] che prender vuoli, io dico, non Maria,
 
[31] non hanno in altro cielo i loro scanni
[32] che questi spirti che mo t’appariro,
[33] né hanno a l’esser lor più o meno anni;
 
[34] ma tutti fanno bello il primo giro,
[35] e differentemente han dolce vita
[36] per sentir più e men l’etterno spiro.
 
[37] Qui si mostraro, non perché sortita
[38] sia questa spera lor, ma per far segno
[39] de la celestïal c’ha men salita.
 
[40] Così parlar conviensi al vostro ingegno,
[41] però che solo da sensato apprende
[42] ciò che fa poscia d’intelletto degno.
 
[43] Per questo la Scrittura condescende
[44] a vostra facultate, e piedi e mano
[45] attribuisce a Dio e altro intende;
 
[46] e Santa Chiesa con aspetto umano
[47] Gabrïel e Michel vi rappresenta,
[48] e l’altro che Tobia rifece sano.
 
[49] Quel che Timeo de l’anime argomenta
[50] non è simile a ciò che qui si vede,
[51] però che, come dice, par che senta.
 
[52] Dice che l’alma a la sua stella riede,
[53] credendo quella quindi esser decisa
[54] quando natura per forma la diede;
 
[55] e forse sua sentenza è d’altra guisa
[56] che la voce non suona, ed esser puote
[57] con intenzion da non esser derisa.
 
[58] S’elli intende tornare a queste ruote
[59] l’onor de la influenza e ’l biasmo, forse
[60] in alcun vero suo arco percuote.
 
[61] Questo principio, male inteso, torse
[62] già tutto il mondo quasi, sì che Giove,
[63] Mercurio e Marte a nominar trascorse.
 
[64] L’altra dubitazion che ti commove
[65] ha men velen, però che sua malizia
[66] non ti poria menar da me altrove.
 
[67] Parere ingiusta la nostra giustizia
[68] ne li occhi d’i mortali, è argomento
[69] di fede e non d’eretica nequizia.
 
[70] Ma perché puote vostro accorgimento
[71] ben penetrare a questa veritate,
[72] come disiri, ti farò contento.
 
[73] Se vïolenza è quando quel che pate
[74] nïente conferisce a quel che sforza,
[75] non fuor quest’ alme per essa scusate:
 
[76] ché volontà, se non vuol, non s’ammorza,
[77] ma fa come natura face in foco,
[78] se mille volte vïolenza il torza.
 
[79] Per che, s’ella si piega assai o poco,
[80] segue la forza; e così queste fero
[81] possendo rifuggir nel santo loco.
 
[82] Se fosse stato lor volere intero,
[83] come tenne Lorenzo in su la grada,
[84] e fece Muzio a la sua man severo,
 
[85] così l’avria ripinte per la strada
[86] ond’ eran tratte, come fuoro sciolte;
[87] ma così salda voglia è troppo rada.
 
[88] E per queste parole, se ricolte
[89] l’hai come dei, è l’argomento casso
[90] che t’avria fatto noia ancor più volte.
 
[91] Ma or ti s’attraversa un altro passo
[92] dinanzi a li occhi, tal che per te stesso
[93] non usciresti: pria saresti lasso.
 
[94] Io t’ho per certo ne la mente messo
[95] ch’alma beata non poria mentire,
[96] però ch’è sempre al primo vero appresso;
 
[97] e poi potesti da Piccarda udire
[98] che l’affezion del vel Costanza tenne;
[99] sì ch’ella par qui meco contradire.
 
[100] Molte fïate già, frate, addivenne
[101] che, per fuggir periglio, contra grato
[102] si fé di quel che far non si convenne;
 
[103] come Almeone, che, di ciò pregato
[104] dal padre suo, la propria madre spense,
[105] per non perder pietà si fé spietato.
 
[106] A questo punto voglio che tu pense
[107] che la forza al voler si mischia, e fanno
[108] sì che scusar non si posson l’offense.
 
[109] Voglia assoluta non consente al danno;
[110] ma consentevi in tanto in quanto teme,
[111] se si ritrae, cadere in più affanno.
 
[112] Però, quando Piccarda quello spreme,
[113] de la voglia assoluta intende, e io
[114] de l’altra; sì che ver diciamo insieme».
 
[115] Cotal fu l’ondeggiar del santo rio
[116] ch’uscì del fonte ond’ ogne ver deriva;
[117] tal puose in pace uno e altro disio.
 
[118] «O amanza del primo amante, o diva»,
[119] diss’ io appresso, «il cui parlar m’inonda
[120] e scalda sì, che più e più m’avviva,
 
[121] non è l’affezion mia tanto profonda,
[122] che basti a render voi grazia per grazia;
[123] ma quei che vede e puote a ciò risponda.
 
[124] Io veggio ben che già mai non si sazia
[125] nostro intelletto, se ’l ver non lo illustra
[126] di fuor dal qual nessun vero si spazia.
 
[127] Posasi in esso, come fera in lustra,
[128] tosto che giunto l’ha; e giugner puollo:
[129] se non, ciascun disio sarebbe frustra.
 
[130] Nasce per quello, a guisa di rampollo,
[131] a piè del vero il dubbio; ed è natura
[132] ch’al sommo pinge noi di collo in collo.
 
[133] Questo m’invita, questo m’assicura
[134] con reverenza, donna, a dimandarvi
[135] d’un’altra verità che m’è oscura.
 
[136] Io vo’ saper se l’uom può sodisfarvi
[137] ai voti manchi sì con altri beni,
[138] ch’a la vostra statera non sien parvi».
 
[139] Beatrice mi guardò con li occhi pieni
[140] di faville d’amor così divini,
[141] che, vinta, mia virtute diè le reni,
[142] e quasi mi perdei con li occhi chini.
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