Concordanze nella Divina Commedia di Dante (beta)

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Paradiso • Canto V

[1] «S’io ti fiammeggio nel caldo d’amore
[2] di là dal modo che ’n terra si vede,
[3] sì che del viso tuo vinco il valore,
 
[4] non ti maravigliar, ché ciò procede
[5] da perfetto veder, che, come apprende,
[6] così nel bene appreso move il piede.
 
[7] Io veggio ben sì come già resplende
[8] ne l’intelletto tuo l’etterna luce,
[9] che, vista, sola e sempre amore accende;
 
[10] e s’altra cosa vostro amor seduce,
[11] non è se non di quella alcun vestigio,
[12] mal conosciuto, che quivi traluce.
 
[13] Tu vuo’ saper se con altro servigio,
[14] per manco voto, si può render tanto
[15] che l’anima sicuri di letigio».
 
[16] Sì cominciò Beatrice questo canto;
[17] e sì com’ uom che suo parlar non spezza,
[18] continüò così ’l processo santo:
 
[19] «Lo maggior don che Dio per sua larghezza
[20] fesse creando, e a la sua bontate
[21] più conformato, e quel ch’e’ più apprezza,
 
[22] fu de la volontà la libertate;
[23] di che le creature intelligenti,
[24] e tutte e sole, fuoro e son dotate.
 
[25] Or ti parrà, se tu quinci argomenti,
[26] l’alto valor del voto, s’è sì fatto
[27] che Dio consenta quando tu consenti;
 
[28] ché, nel fermar tra Dio e l’omo il patto,
[29] vittima fassi di questo tesoro,
[30] tal quale io dico; e fassi col suo atto.
 
[31] Dunque che render puossi per ristoro?
[32] Se credi bene usar quel c’hai offerto,
[33] di maltolletto vuo’ far buon lavoro.
 
[34] Tu se’ omai del maggior punto certo;
[35] ma perché Santa Chiesa in ciò dispensa,
[36] che par contra lo ver ch’i’ t’ho scoverto,
 
[37] convienti ancor sedere un poco a mensa,
[38] però che ’l cibo rigido c’hai preso,
[39] richiede ancora aiuto a tua dispensa.
 
[40] Apri la mente a quel ch’io ti paleso
[41] e fermalvi entro; ché non fa scïenza,
[42] sanza lo ritenere, avere inteso.
 
[43] Due cose si convegnono a l’essenza
[44] di questo sacrificio: l’una è quella
[45] di che si fa; l’altr’ è la convenenza.
 
[46] Quest’ ultima già mai non si cancella
[47] se non servata; e intorno di lei
[48] sì preciso di sopra si favella:
 
[49] però necessitato fu a li Ebrei
[50] pur l’offerere, ancor ch’alcuna offerta
[51] sì permutasse, come saver dei.
 
[52] L’altra, che per materia t’è aperta,
[53] puote ben esser tal, che non si falla
[54] se con altra materia si converta.
 
[55] Ma non trasmuti carco a la sua spalla
[56] per suo arbitrio alcun, sanza la volta
[57] e de la chiave bianca e de la gialla;
 
[58] e ogne permutanza credi stolta,
[59] se la cosa dimessa in la sorpresa
[60] come ’l quattro nel sei non è raccolta.
 
[61] Però qualunque cosa tanto pesa
[62] per suo valor che tragga ogne bilancia,
[63] sodisfar non si può con altra spesa.
 
[64] Non prendan li mortali il voto a ciancia;
[65] siate fedeli, e a ciò far non bieci,
[66] come Ieptè a la sua prima mancia;
 
[67] cui più si convenia dicer ‘Mal feci’,
[68] che, servando, far peggio; e così stolto
[69] ritrovar puoi il gran duca de’ Greci,
 
[70] onde pianse Efigènia il suo bel volto,
[71] e fé pianger di sé i folli e i savi
[72] ch’udir parlar di così fatto cólto.
 
[73] Siate, Cristiani, a muovervi più gravi:
[74] non siate come penna ad ogne vento,
[75] e non crediate ch’ogne acqua vi lavi.
 
[76] Avete il novo e ’l vecchio Testamento,
[77] e ’l pastor de la Chiesa che vi guida;
[78] questo vi basti a vostro salvamento.
 
[79] Se mala cupidigia altro vi grida,
[80] uomini siate, e non pecore matte,
[81] sì che ’l Giudeo di voi tra voi non rida!
 
[82] Non fate com’ agnel che lascia il latte
[83] de la sua madre, e semplice e lascivo
[84] seco medesmo a suo piacer combatte!».
 
[85] Così Beatrice a me com’ ïo scrivo;
[86] poi si rivolse tutta disïante
[87] a quella parte ove ’l mondo è più vivo.
 
[88] Lo suo tacere e ’l trasmutar sembiante
[89] puoser silenzio al mio cupido ingegno,
[90] che già nuove questioni avea davante;
 
[91] e sì come saetta che nel segno
[92] percuote pria che sia la corda queta,
[93] così corremmo nel secondo regno.
 
[94] Quivi la donna mia vid’ io sì lieta,
[95] come nel lume di quel ciel si mise,
[96] che più lucente se ne fé ’l pianeta.
 
[97] E se la stella si cambiò e rise,
[98] qual mi fec’ io che pur da mia natura
[99] trasmutabile son per tutte guise!
 
[100] Come ’n peschiera ch’è tranquilla e pura
[101] traggonsi i pesci a ciò che vien di fori
[102] per modo che lo stimin lor pastura,
 
[103] sì vid’ io ben più di mille splendori
[104] trarsi ver’ noi, e in ciascun s’udia:
[105] «Ecco chi crescerà li nostri amori».
 
[106] E sì come ciascuno a noi venìa,
[107] vedeasi l’ombra piena di letizia
[108] nel folgór chiaro che di lei uscia.
 
[109] Pensa, lettor, se quel che qui s’inizia
[110] non procedesse, come tu avresti
[111] di più savere angosciosa carizia;
 
[112] e per te vederai come da questi
[113] m’era in disio d’udir lor condizioni,
[114] sì come a li occhi mi fur manifesti.
 
[115] «O bene nato a cui veder li troni
[116] del trïunfo etternal concede grazia
[117] prima che la milizia s’abbandoni,
 
[118] del lume che per tutto il ciel si spazia
[119] noi semo accesi; e però, se disii
[120] di noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia».
 
[121] Così da un di quelli spirti pii
[122] detto mi fu; e da Beatrice: «Dì, dì
[123] sicuramente, e credi come a dii».
 
[124] «Io veggio ben sì come tu t’annidi
[125] nel proprio lume, e che de li occhi il traggi,
[126] perch’ e’ corusca sì come tu ridi;
 
[127] ma non so chi tu se’, né perché aggi,
[128] anima degna, il grado de la spera
[129] che si vela a’ mortai con altrui raggi».
 
[130] Questo diss’ io diritto a la lumera
[131] che pria m’avea parlato; ond’ ella fessi
[132] lucente più assai di quel ch’ell’ era.
 
[133] Sì come il sol che si cela elli stessi
[134] per troppa luce, come ’l caldo ha róse
[135] le temperanze d’i vapori spessi,
 
[136] per più letizia sì mi si nascose
[137] dentro al suo raggio la figura santa;
[138] e così chiusa chiusa mi rispuose
[139] nel modo che ’l seguente canto canta.
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