Concordanze nella Divina Commedia di Dante (beta)

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Paradiso • Canto XII

[1] Sì tosto come l’ultima parola
[2] la benedetta fiamma per dir tolse,
[3] a rotar cominciò la santa mola;
 
[4] e nel suo giro tutta non si volse
[5] prima ch’un’altra di cerchio la chiuse,
[6] e moto a moto e canto a canto colse;
 
[7] canto che tanto vince nostre muse,
[8] nostre serene in quelle dolci tube,
[9] quanto primo splendor quel ch’e’ refuse.
 
[10] Come si volgon per tenera nube
[11] due archi paralelli e concolori,
[12] quando Iunone a sua ancella iube,
 
[13] nascendo di quel d’entro quel di fori,
[14] a guisa del parlar di quella vaga
[15] ch’amor consunse come sol vapori,
 
[16] e fanno qui la gente esser presaga,
[17] per lo patto che Dio con Noè puose,
[18] del mondo che già mai più non s’allaga:
 
[19] così di quelle sempiterne rose
[20] volgiensi circa noi le due ghirlande,
[21] e sì l’estrema a l’intima rispuose.
 
[22] Poi che ’l tripudio e l’altra festa grande,
[23] sì del cantare e sì del fiammeggiarsi
[24] luce con luce gaudïose e blande,
 
[25] insieme a punto e a voler quetarsi,
[26] pur come li occhi ch’al piacer che i move
[27] conviene insieme chiudere e levarsi;
 
[28] del cor de l’una de le luci nove
[29] si mosse voce, che l’ago a la stella
[30] parer mi fece in volgermi al suo dove;
 
[31] e cominciò: «L’amor che mi fa bella
[32] mi tragge a ragionar de l’altro duca
[33] per cui del mio sì ben ci si favella.
 
[34] Degno è che, dov’ è l’un, l’altro s’induca:
[35] sì che, com’ elli ad una militaro,
[36] così la gloria loro insieme luca.
 
[37] L’essercito di Cristo, che sì caro
[38] costò a rïarmar, dietro a la ’nsegna
[39] si movea tardo, sospeccioso e raro,
 
[40] quando lo ’mperador che sempre regna
[41] provide a la milizia, ch’era in forse,
[42] per sola grazia, non per esser degna;
 
[43] e, come è detto, a sua sposa soccorse
[44] con due campioni, al cui fare, al cui dire
[45] lo popol disvïato si raccorse.
 
[46] In quella parte ove surge ad aprire
[47] Zefiro dolce le novelle fronde
[48] di che si vede Europa rivestire,
 
[49] non molto lungi al percuoter de l’onde
[50] dietro a le quali, per la lunga foga,
[51] lo sol talvolta ad ogne uom si nasconde,
 
[52] siede la fortunata Calaroga
[53] sotto la protezion del grande scudo
[54] in che soggiace il leone e soggioga:
 
[55] dentro vi nacque l’amoroso drudo
[56] de la fede cristiana, il santo atleta
[57] benigno a’ suoi e a’ nemici crudo;
 
[58] e come fu creata, fu repleta
[59] sì la sua mente di viva vertute
[60] che, ne la madre, lei fece profeta.
 
[61] Poi che le sponsalizie fuor compiute
[62] al sacro fonte intra lui e la Fede,
[63] u’ si dotar di mutüa salute,
 
[64] la donna che per lui l’assenso diede,
[65] vide nel sonno il mirabile frutto
[66] ch’uscir dovea di lui e de le rede;
 
[67] e perché fosse qual era in costrutto,
[68] quinci si mosse spirito a nomarlo
[69] del possessivo di cui era tutto.
 
[70] Domenico fu detto; e io ne parlo
[71] sì come de l’agricola che Cristo
[72] elesse a l’orto suo per aiutarlo.
 
[73] Ben parve messo e famigliar di Cristo:
[74] che ’l primo amor che ’n lui fu manifesto,
[75] fu al primo consiglio che diè Cristo.
 
[76] Spesse fïate fu tacito e desto
[77] trovato in terra da la sua nutrice,
[78] come dicesse: ‘Io son venuto a questo’.
 
[79] Oh padre suo veramente Felice!
[80] oh madre sua veramente Giovanna,
[81] se, interpretata, val come si dice!
 
[82] Non per lo mondo, per cui mo s’affanna
[83] di retro ad Ostïense e a Taddeo,
[84] ma per amor de la verace manna
 
[85] in picciol tempo gran dottor si feo;
[86] tal che si mise a circüir la vigna
[87] che tosto imbianca, se ’l vignaio è reo.
 
[88] E a la sedia che fu già benigna
[89] più a’ poveri giusti, non per lei,
[90] ma per colui che siede, che traligna,
 
[91] non dispensare o due o tre per sei,
[92] non la fortuna di prima vacante,
[93] non decimas, quae sunt pauperum Dei,
 
[94] addimandò, ma contro al mondo errante
[95] licenza di combatter per lo seme
[96] del qual ti fascian ventiquattro piante.
 
[97] Poi, con dottrina e con volere insieme,
[98] con l’officio appostolico si mosse
[99] quasi torrente ch’alta vena preme;
 
[100] e ne li sterpi eretici percosse
[101] l’impeto suo, più vivamente quivi
[102] dove le resistenze eran più grosse.
 
[103] Di lui si fecer poi diversi rivi
[104] onde l’orto catolico si riga,
[105] sì che i suoi arbuscelli stan più vivi.
 
[106] Se tal fu l’una rota de la biga
[107] in che la Santa Chiesa si difese
[108] e vinse in campo la sua civil briga,
 
[109] ben ti dovrebbe assai esser palese
[110] l’eccellenza de l’altra, di cui Tomma
[111] dinanzi al mio venir fu sì cortese.
 
[112] Ma l’orbita che fé la parte somma
[113] di sua circunferenza, è derelitta,
[114] sì ch’è la muffa dov’ era la gromma.
 
[115] La sua famiglia, che si mosse dritta
[116] coi piedi a le sue orme, è tanto volta,
[117] che quel dinanzi a quel di retro gitta;
 
[118] e tosto si vedrà de la ricolta
[119] de la mala coltura, quando il loglio
[120] si lagnerà che l’arca li sia tolta.
 
[121] Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio
[122] nostro volume, ancor troveria carta
[123] u’ leggerebbe “I’ mi son quel ch’i’ soglio”;
 
[124] ma non fia da Casal né d’Acquasparta,
[125] là onde vegnon tali a la scrittura,
[126] ch’uno la fugge e altro la coarta.
 
[127] Io son la vita di Bonaventura
[128] da Bagnoregio, che ne’ grandi offici
[129] sempre pospuosi la sinistra cura.
 
[130] Illuminato e Augustin son quici,
[131] che fuor de’ primi scalzi poverelli
[132] che nel capestro a Dio si fero amici.
 
[133] Ugo da San Vittore è qui con elli,
[134] e Pietro Mangiadore e Pietro Spano,
[135] lo qual giù luce in dodici libelli;
 
[136] Natàn profeta e ’l metropolitano
[137] Crisostomo e Anselmo e quel Donato
[138] ch’a la prim’ arte degnò porre mano.
 
[139] Rabano è qui, e lucemi dallato
[140] il calavrese abate Giovacchino
[141] di spirito profetico dotato.
 
[142] Ad inveggiar cotanto paladino
[143] mi mosse l’infiammata cortesia
[144] di fra Tommaso e ’l discreto latino;
[145] e mosse meco questa compagnia».
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