Paradiso • Canto XX
[1] Quando colui che tutto ’l mondo alluma
[2] de l’emisperio nostro sì discende,
[3] che ’l giorno d’ogne parte si consuma,
 
[4] lo ciel, che sol di lui prima s’accende,
[5] subitamente si rifà parvente
[6] per molte luci, in che una risplende;
 
[7] e questo atto del ciel mi venne a mente,
[8] come ’l segno del mondo e de’ suoi duci
[9] nel benedetto rostro fu tacente;
 
[10] però che tutte quelle vive luci,
[11] vie più lucendo, cominciaron canti
[12] da mia memoria labili e caduci.
 
[13] O dolce amor che di riso t’ammanti,
[14] quanto parevi ardente in que’ flailli,
[15] ch’avieno spirto sol di pensier santi!
 
[16] Poscia che i cari e lucidi lapilli
[17] ond’ io vidi ingemmato il sesto lume
[18] puoser silenzio a li angelici squilli,
 
[19] udir mi parve un mormorar di fiume
[20] che scende chiaro giù di pietra in pietra,
[21] mostrando l’ubertà del suo cacume.
 
[22] E come suono al collo de la cetra
[23] prende sua forma, e sì com’ al pertugio
[24] de la sampogna vento che penètra,
 
[25] così, rimosso d’aspettare indugio,
[26] quel mormorar de l’aguglia salissi
[27] su per lo collo, come fosse bugio.
 
[28] Fecesi voce quivi, e quindi uscissi
[29] per lo suo becco in forma di parole,
[30] quali aspettava il core ov’ io le scrissi.
 
[31] «La parte in me che vede e pate il sole
[32] ne l’aguglie mortali», incominciommi,
[33] «or fisamente riguardar si vole,
 
[34] perché d’i fuochi ond’ io figura fommi,
[35] quelli onde l’occhio in testa mi scintilla,
[36] e’ di tutti lor gradi son li sommi.
 
[37] Colui che luce in mezzo per pupilla,
[38] fu il cantor de lo Spirito Santo,
[39] che l’arca traslatò di villa in villa:
 
[40] ora conosce il merto del suo canto,
[41] in quanto effetto fu del suo consiglio,
[42] per lo remunerar ch’è altrettanto.
 
[43] Dei cinque che mi fan cerchio per ciglio,
[44] colui che più al becco mi s’accosta,
[45] la vedovella consolò del figlio:
 
[46] ora conosce quanto caro costa
[47] non seguir Cristo, per l’esperïenza
[48] di questa dolce vita e de l’opposta.
 
[49] E quel che segue in la circunferenza
[50] di che ragiono, per l’arco superno,
[51] morte indugiò per vera penitenza:
 
[52] ora conosce che ’l giudicio etterno
[53] non si trasmuta, quando degno preco
[54] fa crastino là giù de l’odïerno.
 
[55] L’altro che segue, con le leggi e meco,
[56] sotto buona intenzion che fé mal frutto,
[57] per cedere al pastor si fece greco:
 
[58] ora conosce come il mal dedutto
[59] dal suo bene operar non li è nocivo,
[60] avvegna che sia ’l mondo indi distrutto.
 
[61] E quel che vedi ne l’arco declivo,
[62] Guiglielmo fu, cui quella terra plora
[63] che piagne Carlo e Federigo vivo:
 
[64] ora conosce come s’innamora
[65] lo ciel del giusto rege, e al sembiante
[66] del suo fulgore il fa vedere ancora.
 
[67] Chi crederebbe giù nel mondo errante
[68] che Rifëo Troiano in questo tondo
[69] fosse la quinta de le luci sante?
 
[70] Ora conosce assai di quel che ’l mondo
[71] veder non può de la divina grazia,
[72] ben che sua vista non discerna il fondo».
 
[73] Quale allodetta che ’n aere si spazia
[74] prima cantando, e poi tace contenta
[75] de l’ultima dolcezza che la sazia,
 
[76] tal mi sembiò l’imago de la ’mprenta
[77] de l’etterno piacere, al cui disio
[78] ciascuna cosa qual ell’ è diventa.
 
[79] E avvegna ch’io fossi al dubbiar mio
[80] lì quasi vetro a lo color ch’el veste,
[81] tempo aspettar tacendo non patio,
 
[82] ma de la bocca, «Che cose son queste?»,
[83] mi pinse con la forza del suo peso:
[84] per ch’io di coruscar vidi gran feste.
 
[85] Poi appresso, con l’occhio più acceso,
[86] lo benedetto segno mi rispuose
[87] per non tenermi in ammirar sospeso:
 
[88] «Io veggio che tu credi queste cose
[89] perch’ io le dico, ma non vedi come;
[90] sì che, se son credute, sono ascose.
 
[91] Fai come quei che la cosa per nome
[92] apprende ben, ma la sua quiditate
[93] veder non può se altri non la prome.
 
[94] Regnum celorum vïolenza pate
[95] da caldo amore e da viva speranza,
[96] che vince la divina volontate:
 
[97] non a guisa che l’omo a l’om sobranza,
[98] ma vince lei perché vuole esser vinta,
[99] e, vinta, vince con sua beninanza.
 
[100] La prima vita del ciglio e la quinta
[101] ti fa maravigliar, perché ne vedi
[102] la regïon de li angeli dipinta.
 
[103] D’i corpi suoi non uscir, come credi,
[104] Gentili, ma Cristiani, in ferma fede
[105] quel d’i passuri e quel d’i passi piedi.
 
[106] Ché l’una de lo ’nferno, u’ non si riede
[107] già mai a buon voler, tornò a l’ossa;
[108] e ciò di viva spene fu mercede:
 
[109] di viva spene, che mise la possa
[110] ne’ prieghi fatti a Dio per suscitarla,
[111] sì che potesse sua voglia esser mossa.
 
[112] L’anima glorïosa onde si parla,
[113] tornata ne la carne, in che fu poco,
[114] credette in lui che potëa aiutarla;
 
[115] e credendo s’accese in tanto foco
[116] di vero amor, ch’a la morte seconda
[117] fu degna di venire a questo gioco.
 
[118] L’altra, per grazia che da sì profonda
[119] fontana stilla, che mai creatura
[120] non pinse l’occhio infino a la prima onda,
 
[121] tutto suo amor là giù pose a drittura:
[122] per che, di grazia in grazia, Dio li aperse
[123] l’occhio a la nostra redenzion futura;
 
[124] ond’ ei credette in quella, e non sofferse
[125] da indi il puzzo più del paganesmo;
[126] e riprendiene le genti perverse.
 
[127] Quelle tre donne li fur per battesmo
[128] che tu vedesti da la destra rota,
[129] dinanzi al battezzar più d’un millesmo.
 
[130] O predestinazion, quanto remota
[131] è la radice tua da quelli aspetti
[132] che la prima cagion non veggion tota!
 
[133] E voi, mortali, tenetevi stretti
[134] a giudicar: ché noi, che Dio vedemo,
[135] non conosciamo ancor tutti li eletti;
 
[136] ed ènne dolce così fatto scemo,
[137] perché il ben nostro in questo ben s’affina,
[138] che quel che vole Iddio, e noi volemo».
 
[139] Così da quella imagine divina,
[140] per farmi chiara la mia corta vista,
[141] data mi fu soave medicina.
 
[142] E come a buon cantor buon citarista
[143] fa seguitar lo guizzo de la corda,
[144] in che più di piacer lo canto acquista,
 
[145] sì, mentre ch’e’ parlò, sì mi ricorda
[146] ch’io vidi le due luci benedette,
[147] pur come batter d’occhi si concorda,
[148] con le parole mover le fiammette.