Concordanze nella Divina Commedia di Dante (beta)

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1. Inferno • Canto I

[4] Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
[11] tant’ era pien di sonno a quel punto
[23] uscito fuor del pelago a la riva,
[24] si volge a l’acqua perigliosa e guata,
[26] si volse a retro a rimirar lo passo
[41] sì ch’a bene sperar m’era cagione
[42] di quella fiera a la gaetta pelle
[59] che, venendomi ’ncontro, a poco a poco
[62] dinanzi a li occhi mi si fu offerto
[65] «Miserere di me», gridai a lui,
[71] e vissi a Roma sotto ’l buono Augusto
[76] Ma tu perché ritorni a tanta noia?
[91] «A te convien tenere altro vïaggio»,
[100] Molti son li animali a cui s’ammoglia,
[117] ch’a la seconda morte ciascun grida;
[120] quando che sia a le beate genti.
[121] A le quai poi se tu vorrai salire,
[122] anima fia a ciò più di me degna:
[125] perch’ i’ fu’ ribellante a la sua legge,
[130] E io a lui: «Poeta, io ti richeggio

2. Inferno • Canto II

[4] m’apparecchiava a sostener la guerra
[12] prima ch’a l’alto passo tu mi fidi.
[22] la quale e ’l quale, a voler dir lo vero,
[29] per recarne conforto a quella fede
[30] ch’è principio a la via di salvazione.
[33] me degno a ciò né io né altri ’l crede.
[56] e cominciommi a dir soave e piana,
[74] di te mi loderò sovente a lui”.
[85] “Da che tu vuo’ saver cotanto a dentro,
[99] di te, e io a te lo raccomando—.
[110] a far lor pro o a fuggir lor danno,
[118] E venni a te così com’ ella volse:
[119] d’inanzi a quella fiera ti levai
[135] a le vere parole che ti porse!

3. Inferno • Canto III

[7] Dinanzi a me non fuor cose create
[13] Ed elli a me, come persona accorta:
[19] E poi che la sua mano a la mia puose
[21] mi mise dentro a le segrete cose.
[34] Ed elli a me: «Questo misero modo
[37] Mischiate sono a quel cattivo coro
[39] né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.
[44] a lor che lamentar li fa sì forte?».
[63] a Dio spiacenti e a’ nemici sui.
[68] che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi
[70] E poi ch’a riguardar oltre mi diedi,
[71] vidi genti a la riva d’un gran fiume;
[76] Ed elli a me: «Le cose ti fier conte
[84] gridando: «Guai a voi, anime prave!
[86] i’ vegno per menarvi a l’altra riva
[92] verrai a piaggia, non qui, per passare:
[99] che ’ntorno a li occhi avea di fiamme rote.
[107] forte piangendo, a la riva malvagia
[114] vede a la terra tutte le sue spoglie,
[124] e pronti sono a trapassar lo rio,

4. Inferno • Canto IV

[11] tanto che, per ficcar lo viso a fondo,
[19] Ed elli a me: «L’angoscia de le genti
[31] Lo buon maestro a me: «Tu non dimandi
[38] non adorar debitamente a Dio:
[76] E quelli a me: «L’onrata nominanza
[83] vidi quattro grand’ ombre a noi venire:
[85] Lo buon maestro cominciò a dire:
[98] volsersi a me con salutevol cenno,
[103] Così andammo infino a la lumera,
[135] che ’nnanzi a li altri più presso li stanno;
[136] Democrito che ’l mondo a caso pone,
[145] Io non posso ritrar di tutti a pieno,

5. Inferno • Canto V

[3] e tanto più dolor, che punge a guaio.
[13] Sempre dinanzi a lui ne stanno molte:
[14] vanno a vicenda ciascuna al giudizio,
[17] disse Minòs a me quando mi vide,
[21] E ’l duca mio a lui: «Perché pur gride?
[26] a farmisi sentire; or son venuto
[34] Quando giungon davanti a la ruina,
[37] Intesi ch’a così fatto tormento
[41] nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
[55] A vizio di lussuria fu sì rotta,
[59] che succedette a Nino e fu sua sposa:
[68] ombre mostrommi e nominommi a dito,
[74] parlerei a quei due che ’nsieme vanno,
[76] Ed elli a me: «Vedrai quando saranno
[77] più presso a noi; e tu allor li priega
[79] Sì tosto come il vento a noi li piega,
[81] venite a noi parlar, s’altri nol niega!».
[86] a noi venendo per l’aere maligno,
[95] noi udiremo e parleremo a voi,
[103] Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
[107] Caina attende chi a vita ci spense».
[115] Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
[117] a lagrimar mi fanno tristo e pio.
[119] a che e come concedette amore
[121] E quella a me: «Nessun maggior dolore
[124] Ma s’a conoscer la prima radice

6. Inferno • Canto VI

[2] dinanzi a la pietà d’i due cognati,
[20] de l’un de’ lati fanno a l’altro schermo;
[27] la gittò dentro a le bramose canne.
[30] ché solo a divorarlo intende e pugna,
[38] fuor d’una ch’a seder si levò, ratto
[43] E io a lui: «L’angoscia che tu hai
[49] Ed elli a me: «La tua città, ch’è piena
[54] come tu vedi, a la pioggia mi fiacco.
[56] ché tutte queste a simil pena stanno
[59] mi pesa sì, ch’a lagrimar mi ’nvita;
[60] ma dimmi, se tu sai, a che verranno
[64] E quelli a me: «Dopo lunga tencione
[77] E io a lui: «Ancor vo’ che mi ’nsegni
[81] e li altri ch’a ben far puoser li ’ngegni,
[89] priegoti ch’a la mente altrui mi rechi:
[93] cadde con essa a par de li altri ciechi.
[94] E ’l duca disse a me: «Più non si desta
[101] de l’ombre e de la pioggia, a passi lenti,
[106] Ed elli a me: «Ritorna a tua scïenza,
[112] Noi aggirammo a tondo quella strada,

7. Inferno • Canto VII

[7] Poi si rivolse a quella ’nfiata labbia,
[15] tal cadde a terra la fiera crudele.
[29] si rivolgea ciascun, voltando a retro,
[32] da ogne mano a l’opposito punto,
[35] per lo suo mezzo cerchio a l’altra giostra.
[39] questi chercuti a la sinistra nostra».
[40] Ed elli a me: «Tutti quanti fuor guerci
[44] quando vegnono a’ due punti del cerchio
[52] Ed elli a me: «Vano pensiero aduni:
[55] In etterno verranno a li due cozzi:
[59] ha tolto loro, e posti a questa zuffa:
[62] d’i ben che son commessi a la fortuna,
[70] E quelli a me: «Oh creature sciocche,
[77] Similemente a li splendor mondani
[79] che permutasse a tempo li ben vani
[85] Vostro saver non ha contasto a lei:
[93] dandole biasmo a torto e mala voce;
[97] Or discendiamo omai a maggior pieta;
[100] Noi ricidemmo il cerchio a l’altra riva
[114] troncandosi co’ denti a brano a brano.
[129] con li occhi vòlti a chi del fango ingozza.

8. Inferno • Canto VIII

[3] li occhi nostri n’andar suso a la cima
[6] tanto ch’a pena il potea l’occhio tòrre.
[10] Ed elli a me: «Su per le sucide onde
[19] «Flegïàs, Flegïàs, tu gridi a vòto»,
[20] disse lo mio segnore, «a questa volta:
[34] E io a lui: «S’i’ vegno, non rimango;
[37] E io a lui: «Con piangere e con lutto,
[55] Ed elli a me: «Avante che la proda
[59] far di costui a le fangose genti,
[61] Tutti gridavano: «A Filippo Argenti!»;
[76] Noi pur giugnemmo dentro a l’alte fosse
[112] Udir non potti quello ch’a lor porse;
[114] che ciascun dentro a pruova si ricorse.
[117] e rivolsesi a me con passi rari.
[118] Li occhi a la terra e le ciglia avea rase
[121] E a me disse: «Tu, perch’ io m’adiri,
[123] qual ch’a la difension dentro s’aggiri.
[125] ché già l’usaro a men segreta porta,

9. Inferno • Canto IX

[5] ché l’occhio nol potea menare a lunga
[7] «Pur a noi converrà vincer la punga»,
[9] Oh quanto tarda a me ch’altri qui giunga!».
[12] che fur parole a le prime diverse;
[15] forse a peggior sentenzia che non tenne.
[24] che richiamava l’ombre a’ corpi sui.
[26] ch’ella mi fece intrar dentr’ a quel muro,
[34] E altro disse, ma non l’ho a mente;
[36] ver’ l’alta torre a la cima rovente,
[48] Tesifón è nel mezzo»; e tacque a tanto.
[50] battiensi a palme e gridavan sì alto,
[59] mi volse, e non si tenne a le mie mani,
[76] Come le rane innanzi a la nimica
[78] fin ch’a la terra ciascuna s’abbica,
[89] Venne a la porta e con una verghetta
[94] Perché recalcitrate a quella voglia
[95] a cui non puote il fin mai esser mozzo,
[101] e non fé motto a noi, ma fé sembiante
[113] sì com’ a Pola, presso del Carnaro
[127] E quelli a me: «Qui son li eresïarche
[132] E poi ch’a la man destra si fu vòlto,

10. Inferno • Canto X

[5] mi volvi», cominciai, «com’ a te piace,
[6] parlami, e sodisfammi a’ miei disiri.
[10] E quelli a me: «Tutti saran serrati
[16] Però a la dimanda che mi faci
[20] a te mio cuor se non per dicer poco,
[21] e tu m’hai non pur mo a ciò disposto».
[27] a la qual forse fui troppo molesto».
[36] com’ avesse l’inferno a gran dispitto.
[38] mi pinser tra le sepulture a lui,
[47] a me e a miei primi e a mia parte,
[52] Allor surse a la vista scoperchiata
[61] E io a lui: «Da me stesso non vegno:
[63] forse cui Guido vostro ebbe a disdegno».
[71] ch’io facëa dinanzi a la risposta,
[73] Ma quell’ altro magnanimo, a cui posta
[84] incontr’ a’ miei in ciascuna sua legge?».
[85] Ond’ io a lui: «Lo strazio e ’l grande scempio
[89] «A ciò non fu’ io sol», disse, «né certo
[93] colui che la difesi a viso aperto».
[110] dissi: «Or direte dunque a quel caduto
[112] e s’i’ fui, dianzi, a la risposta muto,
[123] a quel parlar che mi parea nemico.
[133] Appresso mosse a man sinistra il piede:
[135] per un sentier ch’a una valle fiede,

11. Inferno • Canto XI

[15] perduto». Ed elli: «Vedi ch’a ciò penso».
[17] cominciò poi a dir, «son tre cerchietti
[26] più spiace a Dio; e però stan di sotto
[29] ma perché si fa forza a tre persone,
[31] A Dio, a sé, al prossimo si pòne
[75] e se non li ha, perché sono a tal foggia?».
[76] Ed elli a me «Perché tanto delira»,
[86] e rechiti a la mente chi son quelli
[97] «Filosofia», mi disse, «a chi la ’ntende,
[105] sì che vostr’ arte a Dio quasi è nepote.
[106] Da queste due, se tu ti rechi a mente

12. Inferno • Canto XII

[1] Era lo loco ov’ a scender la riva
[9] ch’alcuna via darebbe a chi sù fosse:
[32] forse a questa ruina, ch’è guardata
[39] levò a Dite del cerchio superno,
[46] Ma ficca li occhi a valle, ché s’approccia
[57] come solien nel mondo andare a caccia.
[61] e l’un gridò da lungi: «A qual martiro
[65] farem noi a Chirón costà di presso:
[73] Dintorno al fosso vanno a mille a mille,
[76] Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle:
[78] fece la barba in dietro a le mascelle.
[80] disse a’ compagni: «Siete voi accorti
[93] danne un de’ tuoi, a cui noi siamo a provo,
[98] e disse a Nesso: «Torna, e sì li guida,
[116] sovr’ una gente che ’nfino a la gola
[119] dicendo: «Colui fesse in grembo a Dio
[124] Così a più a più si facea basso
[130] che da quest’ altra a più a più giù prema
[137] a Rinier da Corneto, a Rinier Pazzo,
[138] che fecero a le strade tanta guerra».

13. Inferno • Canto XIII

[18] mi cominciò a dire, «e sarai mentre
[35] ricominciò a dir: «Perché mi scerpi?
[51] indurlo ad ovra ch’a me stesso pesa.
[57] perch’ ïo un poco a ragionar m’inveschi.
[80] disse ’l poeta a me, «non perder l’ora;
[81] ma parla, e chiedi a lui, se più ti piace».
[82] Ond’ ïo a lui: «Domandal tu ancora
[83] di quel che credi ch’a me satisfaccia;
[93] «Brievemente sarà risposto a voi.
[96] Minòs la manda a la settima foce.
[112] similemente a colui che venire
[113] sente ’l porco e la caccia a la sua posta,
[121] le gambe tue a le giostre dal Toppo!».
[124] Di rietro a loro era la selva piena
[128] e quel dilaceraro a brano a brano;
[139] Ed elli a noi: «O anime che giunte
[140] siete a veder lo strazio disonesto
[151] Io fei gibetto a me de le mie case».

14. Inferno • Canto XIV

[3] e rende’le a colui, ch’era già fioco.
[7] A ben manifestar le cose nove,
[12] quivi fermammo i passi a randa a randa.
[18] ciò che fu manifesto a li occhi mei!
[33] fiamme cadere infino a terra salde,
[34] per ch’ei provide a scalpitar lo suolo
[39] sotto focile, a doppiar lo dolore.
[45] ch’a l’intrar de la porta incontra uscinci,
[55] o s’elli stanchi li altri a muta a muta
[56] in Mongibello a la focina negra,
[58] sì com’ el fece a la pugna di Flegra,
[67] Poi si rivolse a me con miglior labbia,
[87] lo cui sogliare a nessuno è negato,
[108] poi è di rame infino a la forcata;
[121] E io a lui: «Se ’l presente rigagno
[123] perché ci appar pur a questo vivagno?».
[124] Ed elli a me: «Tu sai che ’l loco è tondo;
[126] pur a sinistra, giù calando al fondo,
[137] là dove vanno l’anime a lavarsi
[140] dal bosco; fa che di retro a me vegne:

15. Inferno • Canto XV

[10] a tale imagine eran fatti quelli,
[25] E io, quando ’l suo braccio a me distese,
[29] e chinando la mano a la sua faccia,
[36] faròl, se piace a costui che vo seco».
[40] Però va oltre: i’ ti verrò a’ panni;
[54] e reducemi a ca per questo calle».
[55] Ed elli a me: «Se tu segui tua stella,
[56] non puoi fallire a glorïoso porto,
[59] veggendo il cielo a te così benigno,
[60] dato t’avrei a l’opera conforto.
[89] e serbolo a chiosar con altro testo
[90] a donna che saprà, s’a lei arrivo.
[93] ch’a la Fortuna, come vuol, son presto.
[94] Non è nuova a li orecchi miei tal arra:
[103] Ed elli a me: «Saper d’alcuno è buono;
[105] ché ’l tempo saria corto a tanto suono.
[122] che corrono a Verona il drappo verde

16. Inferno • Canto XVI

[3] simile a quel che l’arnie fanno rombo,
[8] «Sòstati tu ch’a l’abito ne sembri
[13] A le lor grida il mio dottor s’attese;
[15] disse, «a costor si vuole esser cortese.
[18] che meglio stesse a te che a lor la fretta».
[20] l’antico verso; e quando a noi fuor giunti,
[26] drizzava a me, sì che ’n contraro il collo
[32] a dirne chi tu se’, che i vivi piedi
[62] promessi a me per lo verace duca;
[81] felice te se sì parli a tua posta!
[83] e torni a riveder le belle stelle,
[85] fa che di noi a la gente favelle».
[86] Indi rupper la rota, e a fuggirsi
[93] che per parlar saremmo a pena uditi.
[99] e a Forlì di quel nome è vacante,
[108] prender la lonza a la pelle dipinta.
[111] porsila a lui aggroppata e ravvolta.
[119] presso a color che non veggion pur l’ovra,
[121] El disse a me: «Tosto verrà di sovra
[124] Sempre a quel ver c’ha faccia di menzogna
[134] talora a solver l’àncora ch’aggrappa

17. Inferno • Canto XVII

[4] Sì cominciò lo mio duca a parlarmi;
[5] e accennolle che venisse a proda,
[19] Come talvolta stanno a riva i burchi,
[22] lo bivero s’assetta a far sua guerra,
[27] ch’a guisa di scorpion la punta armava.
[29] la nostra via un poco insino a quella
[31] Però scendemmo a la destra mammella,
[34] E quando noi a lei venuti semo,
[48] quando a’ vapori, e quando al caldo suolo:
[52] Poi che nel viso a certi li occhi porsi,
[55] che dal collo a ciascun pendea una tasca
[81] e disse a me: «Or sie forte e ardito.
[88] tal divenn’ io a le parole porte;
[90] che innanzi a buon segnor fa servo forte.
[102] e poi ch’al tutto si sentì a gioco,
[105] e con le branche l’aere a sé raccolse.
[111] gridando il padre a lui «Mala via tieni!»,
[121] Allor fu’ io più timido a lo stoscio,

18. Inferno • Canto XVIII

[14] e come a tai fortezze da’ lor sogli
[15] a la ripa di fuor son ponticelli,
[21] tenne a sinistra, e io dietro mi mossi.
[22] A la man destra vidi nova pieta,
[30] hanno a passar la gente modo colto,
[32] verso ’l castello e vanno a Santo Pietro,
[38] a le prime percosse! già nessuno
[43] Per ch’ïo a figurarlo i piedi affissi;
[48] ch’io dissi: «O tu che l’occhio a terra gette,
[51] Ma che ti mena a sì pungenti salse?».
[52] Ed elli a me: «Mal volontier lo dico;
[56] condussi a far la voglia del marchese,
[61] a dicer ‘sipa’ tra Sàvena e Reno;
[63] rècati a mente il nostro avaro seno».
[71] e vòlti a destra su per la sua scheggia,
[74] di sotto per dar passo a li sferzati,
[90] tutti li maschi loro a morte dienno.
[95] tal colpa a tal martiro lui condanna;
[110] loco a veder sanza montare al dosso
[120] E io a lui: «Perché, se ben ricordo,

19. Inferno • Canto XIX

[7] Già eravamo, a la seguente tomba,
[9] ch’a punto sovra mezzo ’l fosso piomba.
[22] Fuor de la bocca a ciascun soperchiava
[25] Le piante erano a tutti accese intrambe;
[30] tal era lì dai calcagni a le punte.
[34] Ed elli a me: «Se tu vuo’ ch’i’ ti porti
[37] E io: «Tanto m’è bel, quanto a te piace:
[41] volgemmo e discendemmo a mano stanca
[48] comincia’ io a dir, «se puoi, fa motto».
[56] per lo qual non temesti tòrre a ’nganno
[63] e io rispuosi come a me fu imposto.
[66] mi disse: «Dunque che a me richiedi?
[86] ne’ Maccabei; e come a quel fu molle
[89] ch’i’ pur rispuosi lui a questo metro:
[94] Né Pier né li altri tolsero a Matia
[108] puttaneggiar coi regi a lui fu vista;
[113] e che altro è da voi a l’idolatre,
[127] Né si stancò d’avermi a sé distretto,
[132] che sarebbe a le capre duro varco.

20. Inferno • Canto XX

[5] a riguardar ne lo scoperto fondo,
[25] Certo io piangea, poggiato a un de’ rocchi
[31] Drizza la testa, drizza, e vedi a cui
[32] s’aperse a li occhi d’i Teban la terra;
[35] E non restò di ruinare a valle
[36] fino a Minòs che ciascheduno afferra.
[50] per sua dimora; onde a guardar le stelle
[62] a piè de l’Alpe che serra Lamagna
[74] ciò che ’n grembo a Benaco star non può,
[76] Tosto che l’acqua a correr mette co,
[78] fino a Governol, dove cade in Po.
[86] ristette con suoi servi a far sue arti,
[89] s’accolsero a quel loco, ch’era forte
[105] ché solo a ciò la mia mente rifiede».
[109] sì ch’a pena rimaser per le cune—
[111] in Aulide a tagliar la prima fune.
[119] ch’avere inteso al cuoio e a lo spago

21. Inferno • Canto XXI

[9] a rimpalmare i legni lor non sani,
[12] le coste a quel che più vïaggi fece;
[24] mi trasse a sé del loco dov’ io stava.
[29] e vidi dietro a noi un diavol nero
[40] a quella terra, che n’è ben fornita:
[45] con tanta fretta a seguitar lo furo.
[55] Non altrimenti i cuoci a’ lor vassalli
[63] perch’ altra volta fui a tal baratta».
[68] ch’escono i cani a dosso al poverello
[78] e venne a lui dicendo: «Che li approda?».
[86] ch’e’ si lasciò cascar l’uncino a’ piedi,
[87] e disse a li altri: «Omai non sia feruto».
[88] E ’l duca mio a me: «O tu che siedi
[90] sicuramente omai a me ti riedi».
[91] Per ch’io mi mossi e a lui venni ratto;
[106] Poi disse a noi: «Più oltre andar per questo
[116] a riguardar s’alcun se ne sciorina;
[119] cominciò elli a dire, «e tu, Cagnazzo;
[125] costor sian salvi infino a l’altro scheggio
[133] Ed elli a me: «Non vo’ che tu paventi;
[134] lasciali digrignar pur a lor senno,

22. Inferno • Canto XXII

[12] né nave a segno di terra o di stella.
[16] Pur a la pegola era la mia ’ntesa,
[20] a’ marinar con l’arco de la schiena
[25] E come a l’orlo de l’acqua d’un fosso
[41] li unghioni a dosso, sì che tu lo scuoi!»,
[45] venuto a man de li avversari suoi».
[49] Mia madre a servo d’un segnor mi puose,
[53] quivi mi misi a far baratteria,
[55] E Cirïatto, a cui di bocca uscia
[56] d’ogne parte una sanna come a porco,
[74] giuso a le gambe; onde ’l decurio loro
[77] a lui, ch’ancor mirava sua ferita,
[80] di’ che facesti per venire a proda?».
[89] di Logodoro; e a dir di Sardigna
[93] non s’apparecchi a grattarmi la tigna».
[94] E ’l gran proposto, vòlto a Farfarello
[106] Cagnazzo a cotal motto levò ’l muso,
[109] Ond’ ei, ch’avea lacciuoli a gran divizia,
[111] quand’ io procuro a’ mia maggior trestizia».
[113] a li altri, disse a lui: «Se tu ti cali,
[117] a veder se tu sol più di noi vali».
[120] quel prima, ch’a ciò fare era più crudo.
[122] fermò le piante a terra, e in un punto
[148] di qua, di là discesero a la posta;

23. Inferno • Canto XXIII

[18] che ’l cane a quella lievre ch’elli acceffa’.
[27] più tosto a me, che quella dentro ’mpetro.
[39] e vede presso a sé le fiamme accese,
[44] supin si diede a la pendente roccia,
[45] che l’un de’ lati a l’altra bolgia tura.
[47] a volger ruota di molin terragno,
[52] A pena fuoro i piè suoi giunti al letto
[57] poder di partirs’ indi a tutti tolle.
[62] dinanzi a li occhi, fatte de la taglia
[68] Noi ci volgemmo ancor pur a man manca
[77] di retro a noi gridò: «Tenete i piedi,
[88] «Costui par vivo a l’atto de la gola;
[94] E io a loro: «I’ fui nato e cresciuto
[95] sovra ’l bel fiume d’Arno a la gran villa,
[97] Ma voi chi siete, a cui tanto distilla
[100] E l’un rispuose a me: «Le cappe rance
[110] ma più non dissi, ch’a l’occhio mi corse
[114] e ’l frate Catalan, ch’a ciò s’accorse,
[117] porre un uom per lo popolo a’ martìri.
[121] E a tal modo il socero si stenta
[129] s’a la man destra giace alcuna foce
[132] che vegnan d’esto fondo a dipartirci».
[139] Lo duca stette un poco a testa china;
[142] E ’l frate: «Io udi’ già dire a Bologna
[145] Appresso il duca a gran passi sen gì,
[148] dietro a le poste de le care piante.

24. Inferno • Canto XXIV

[6] ma poco dura a la sua penna tempra,
[7] lo villanello a cui la roba manca,
[15] e fuor le pecorelle a pascer caccia.
[20] lo duca a me si volse con quel piglio
[21] dolce ch’io vidi prima a piè del monte.
[32] ché noi a pena, ei lieve e io sospinto,
[66] a parole formar disconvenevole.
[97] Ed ecco a un ch’era da nostra proda,
[99] là dove ’l collo a le spalle s’annoda.
[103] e poi che fu a terra sì distrutto,
[113] per forza di demon ch’a terra il tira,
[125] sì come a mul ch’i’ fui; son Vanni Fucci
[138] ladro a la sagrestia d’i belli arredi,

25. Inferno • Canto XXV

[3] gridando: «Togli, Dio, ch’a te le squadro!».
[7] e un’altra a le braccia, e rilegollo,
[15] non quel che cadde a Tebe giù da’ muri.
[30] del grande armento ch’elli ebbe a vicino;
[46] Se tu se’ or, lettore, a creder lento
[48] ché io che ’l vidi, a pena il mi consento.
[51] dinanzi a l’uno, e tutto a lui s’appiglia.
[55] li diretani a le cosce distese,
[86] nostro alimento, a l’un di lor trafisse;
[96] e attenda a udir quel ch’or si scocca.
[100] ché due nature mai a fronte a fronte
[102] a cambiar lor matera fosser pronte.
[103] Insieme si rispuosero a tai norme,
[128] di quel soverchio, fé naso a la faccia
[134] prima a parlar, si fende, e la forcuta
[138] e l’altro dietro a lui parlando sputa.
[140] e disse a l’altro: «I’ vo’ che Buoso corra,

26. Inferno • Canto XXVI

[14] che n’avea fatto iborni a scender pria,
[20] quando drizzo la mente a ciò ch’io vidi,
[27] la faccia sua a noi tien meno ascosa,
[28] come la mosca cede a la zanzara,
[43] Io stava sovra ’l ponte a veder surto,
[55] Rispuose a me: «Là dentro si martira
[57] a la vendetta vanno come a l’ira;
[70] Ed elli a me: «La tua preghiera è degna
[73] Lascia parlare a me, ch’i’ ho concetto
[84] dove, per lui, perduto a morir gissi».
[86] cominciò a crollarsi mormorando,
[92] me più d’un anno là presso a Gaeta,
[97] vincer potero dentro a me l’ardore
[98] ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto
[107] quando venimmo a quella foce stretta
[113] perigli siete giunti a l’occidente,
[114] a questa tanto picciola vigilia
[119] fatti non foste a viver come bruti,
[123] che a pena poscia li avrei ritenuti;
[140] a la quarta levar la poppa in suso

27. Inferno • Canto XXVII

[4] quand’ un’altra, che dietro a lei venìa,
[5] ne fece volger li occhi a la sua cima
[19] udimmo dire: «O tu a cu’ io drizzo
[23] non t’incresca restare a parlar meco;
[24] vedi che non incresce a me, e ardo!
[35] sanza indugio a parlare incominciai:
[62] a persona che mai tornasse al mondo,
[70] se non fosse il gran prete, a cui mal prenda!,
[86] avendo guerra presso a Laterano,
[89] e nessun era stato a vincer Acri
[95] d’entro Siratti a guerir de la lebbre,
[97] a guerir de la sua superba febbre;
[117] dal quale in qua stato li sono a’ crini;
[124] A Minòs mi portò; e quelli attorse
[136] a quei che scommettendo acquistan carco.

28. Inferno • Canto XXVIII

[2] dicer del sangue e de le piaghe a pieno
[6] c’hanno a tanto comprender poco seno.
[14] per contastare a Ruberto Guiscardo;
[16] a Ceperan, là dove fu bugiardo
[32] Dinanzi a me sen va piangendo Alì,
[44] forse per indugiar d’ire a la pena
[47] rispuose ’l mio maestro, «a tormentarlo;
[49] a me, che morto son, convien menarlo
[53] s’arrestaron nel fosso a riguardarmi
[55] «Or dì a fra Dolcin dunque che s’armi,
[63] indi a partirsi in terra lo distese.
[67] ristato a riguardar per maraviglia
[68] con li altri, innanzi a li altri aprì la canna,
[74] se mai torni a veder lo dolce piano
[75] che da Vercelli a Marcabò dichina.
[76] E fa saper a’ due miglior da Fano,
[77] a messer Guido e anco ad Angiolello,
[80] e mazzerati presso a la Cattolica
[88] farà venirli a parlamento seco;
[91] E io a lui: «Dimostrami e dichiara,
[94] Allor puose la mano a la mascella
[102] Curïo, ch’a dir fu così ardito!
[112] Ma io rimasi a riguardar lo stuolo,
[122] pesol con mano a guisa di lanterna:
[124] Di sé facea a sé stesso lucerna,

29. Inferno • Canto XXIX

[3] che de lo stare a piangere eran vaghe.
[7] Tu non hai fatto sì a l’altre bolge;
[14] «atteso a la cagion per ch’io guardava,
[18] e soggiugnendo: «Dentro a quella cava
[19] dov’ io tenea or li occhi sì a posta,
[25] ch’io vidi lui a piè del ponticello
[36] e in ciò m’ha el fatto a sé più pio».
[42] potean parere a la veduta nostra,
[58] Non credo ch’a veder maggior tristizia
[65] ch’era a veder per quella oscura valle
[73] Io vidi due sedere a sé poggiati,
[74] com’ a scaldar si poggia tegghia a tegghia,
[77] a ragazzo aspettato dal segnorso,
[78] né a colui che mal volontier vegghia,
[86] cominciò ’l duca mio a l’un di loro,
[90] etternalmente a cotesto lavoro».
[96] e di mostrar lo ’nferno a lui intendo».
[98] e tremando ciascuno a me si volse
[100] Lo buon maestro a me tutto s’accolse,
[101] dicendo: «Dì a lor ciò che tu vuoli»;
[108] di palesarvi a me non vi spaventi».
[112] Vero è ch’i’ dissi lui, parlando a gioco:
[113] “I’ mi saprei levar per l’aere a volo”;
[117] ardere a tal che l’avea per figliuolo.
[120] dannò Minòs, a cui fallar non lece».

30. Inferno • Canto XXX

[28] L’una giunse a Capocchio, e in sul nodo
[35] li denti a dosso, non ti sia fatica
[36] a dir chi è, pria che di qui si spicchi».
[37] Ed elli a me: «Quell’ è l’anima antica
[40] Questa a peccar con esso così venne,
[48] rivolsilo a guardar li altri mal nati.
[49] Io vidi un, fatto a guisa di lëuto,
[54] che ’l viso non risponde a la ventraia,
[60] diss’ elli a noi, «guardate e attendete
[61] a la miseria del maestro Adamo;
[72] a metter più li miei sospiri in fuga.
[89] e’ m’indussero a batter li fiorini
[91] E io a lui: «Chi son li due tapini
[93] giacendo stretti a’ tuoi destri confini?».
[100] E l’un di lor, che si recò a noia
[106] dicendo a lui: «Ancor che mi sia tolto
[108] ho io il braccio a tal mestiere sciolto».
[114] là ’ve del ver fosti a Troia richesto».
[123] che ’l ventre innanzi a li occhi sì t’assiepa!».
[129] non vorresti a ’nvitar molte parole».
[133] Quand’ io ’l senti’ a me parlar con ira,

31. Inferno • Canto XXXI

[22] Ed elli a me: «Però che tu trascorri
[35] lo sguardo a poco a poco raffigura
[51] per tòrre tali essecutori a Marte.
[56] s’aggiugne al mal volere e a la possa,
[59] come la pina di San Pietro a Roma,
[60] e a sua proporzione eran l’altre ossa;
[63] di sovra, che di giugnere a la chioma
[68] cominciò a gridar la fiera bocca,
[76] Poi disse a me: «Elli stessi s’accusa;
[79] Lasciànlo stare e non parliamo a vòto;
[80] ché così è a lui ciascun linguaggio
[81] come ’l suo ad altrui, ch’a nullo è noto».
[83] vòlti a sinistra; e al trar d’un balestro
[85] A cigner lui qual che fosse ’l maestro,
[95] quando i giganti fer paura a’ dèi;
[97] E io a lui: «S’esser puote, io vorrei
[108] come Fïalte a scuotersi fu presto.
[119] e che, se fossi stato a l’alta guerra
[124] Non ci fare ire a Tizio né a Tifo:
[129] se ’nnanzi tempo grazia a sé nol chiama».
[134] disse a me: «Fatti qua, sì ch’io ti prenda»;
[136] Qual pare a riguardar la Carisenda
[139] tal parve Antëo a me che stava a bada

32. Inferno • Canto XXXII

[6] non sanza tema a dicer mi conduco;
[7] ché non è impresa da pigliare a gabbo
[8] discriver fondo a tutto l’universo,
[11] ch’aiutaro Anfïone a chiuder Tebe,
[18] e io mirava ancora a l’alto muro,
[31] E come a gracidar si sta la rana
[41] volsimi a’ piedi, e vidi due sì stretti,
[45] e poi ch’ebber li visi a me eretti,
[61] non quelli a cui fu rotto il petto e l’ombra
[80] se tu non vieni a crescer la vendetta
[85] Lo duca stette, e io dissi a colui
[94] Ed elli a me: «Del contrario ho io brama.
[100] Ond’ elli a me: «Perché tu mi dischiomi,
[110] malvagio traditor; ch’a la tua onta
[126] sì che l’un capo a l’altro era cappello;
[128] così ’l sovran li denti a l’altro pose
[131] le tempie a Menalippo per disdegno,
[136] che se tu a ragion di lui ti piangi,

33. Inferno • Canto XXXIII

[2] quel peccator, forbendola a’ capelli
[28] Questi pareva a me maestro e donno,
[47] a l’orribile torre; ond’ io guardai
[48] nel viso a’ mie’ figliuoi sanza far motto.
[68] Gaddo mi si gittò disteso a’ piedi,
[73] già cieco, a brancolar sovra ciascuno,
[78] che furo a l’osso, come d’un can, forti.
[81] poi che i vicini a te punir son lenti,
[87] non dovei tu i figliuoi porre a tal croce.
[96] si volge in entro a far crescer l’ambascia;
[106] Ond’ elli a me: «Avaccio sarai dove
[110] gridò a noi: «O anime crudeli
[115] Per ch’io a lui: «Se vuo’ ch’i’ ti sovvegna,
[122] Ed elli a me: «Come ’l mio corpo stea

34. Inferno • Canto XXXIV

[13] Altre sono a giacere; altre stanno erte,
[15] altra, com’ arco, il volto a’ piè rinverte.
[33] ch’a così fatta parte si confaccia.
[37] Oh quanto parve a me gran maraviglia
[38] quand’ io vidi tre facce a la sua testa!
[40] l’altr’ eran due, che s’aggiugnieno a questa
[44] la sinistra a vedere era tal, quali
[47] quanto si convenia a tanto uccello:
[56] un peccatore, a guisa di maciulla,
[58] A quel dinanzi il mordere era nulla
[70] Com’ a lui piacque, il collo li avvinghiai;
[73] appigliò sé a le vellute coste;
[77] si volge, a punto in sul grosso de l’anche,
[86] e puose me in su l’orlo a sedere;
[87] appresso porse a me l’accorto passo.
[96] e già il sole a mezza terza riede».
[102] «a trarmi d’erro un poco mi favella:
[105] da sera a mane ha fatto il sol tragitto?».
[106] Ed elli a me: «Tu imagini ancora
[113] ch’è contraposto a quel che la gran secca
[124] e venne a l’emisperio nostro; e forse
[134] intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
[139] E quindi uscimmo a riveder le stelle.

35. Purgatorio • Canto I

[3] che lascia dietro a sé mar sì crudele;
[16] a li occhi miei ricominciò diletto,
[22] I’ mi volsi a man destra, e puosi mente
[23] a l’altro polo, e vidi quattro stelle
[24] non viste mai fuor ch’a la prima gente.
[29] un poco me volgendo a l ’altro polo,
[33] che più non dee a padre alcun figliuolo.
[35] portava, a’ suoi capelli simigliante,
[48] che, dannati, venite a le mie grotte?».
[57] esser non puote il mio che a te si nieghi.
[60] che molto poco tempo a volger era.
[67] Com’ io l’ho tratto, saria lungo a dirti;
[69] conducerlo a vederti e a udirti.
[81] per lo suo amore adunque a noi ti piega.
[83] grazie riporterò di te a lei,
[85] «Marzïa piacque tanto a li occhi miei
[105] però ch’a le percosse non seconda.
[108] prendere il monte a più lieve salita».
[111] al duca mio, e li occhi a lui drizzai.
[114] questa pianura a’ suoi termini bassi».
[119] com’ om che torna a la perduta strada,

36. Purgatorio • Canto II

[1] Già era ’l sole a l’orizzonte giunto
[4] e la notte, che opposita a lui cerchia,
[11] come gente che pensa a suo cammino,
[24] a poco a poco un altro a lui uscìo.
[40] ma chinail giuso; e quei sen venne a riva
[59] ver’ noi, dicendo a noi: «Se voi sapete,
[64] Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco,
[70] E come a messagger che porta ulivo
[75] quasi oblïando d’ire a farsi belle.
[78] che mosse me a far lo somigliante.
[80] tre volte dietro a lei le mani avvinsi,
[93] diss’ io; «ma a te com’ è tanta ora tolta?».
[94] Ed elli a me: «Nessun m’è fatto oltraggio,
[100] Ond’ io, ch’era ora a la marina vòlto
[103] A quella foce ha elli or dritta l’ala,
[107] memoria o uso a l’amoroso canto
[117] come a nessun toccasse altro la mente.
[119] a le sue note; ed ecco il veglio onesto
[122] Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
[123] ch’esser non lascia a voi Dio manifesto».
[125] li colombi adunati a la pastura,

37. Purgatorio • Canto III

[4] i’ mi ristrinsi a la fida compagna:
[17] rotto m’era dinanzi a la figura,
[21] solo dinanzi a me la terra oscura;
[23] a dir mi cominciò tutto rivolto;
[28] Ora, se innanzi a me nulla s’aombra,
[30] che l’uno a l’altro raggio non ingombra.
[31] A sofferir tormenti, caldi e geli
[33] che, come fa, non vuol ch’a noi si sveli.
[46] Noi divenimmo intanto a piè del monte;
[72] com’ a guardar, chi va dubbiando, stassi.
[78] ché perder tempo a chi più sa più spiace».
[80] a una, a due, a tre, e l’altre stanno
[83] addossandosi a lei, s’ella s’arresta,
[85] sì vid’ io muovere a venir la testa
[90] sì che l’ombra era da me a la grotta,
[111] e mostrommi una piaga a sommo ’l petto.
[115] vadi a mia bella figlia, genitrice
[117] e dichi ’l vero a lei, s’altro si dice.
[120] piangendo, a quei che volontier perdona.
[123] che prende ciò che si rivolge a lei.
[124] Se ’l pastor di Cosenza, che a la caccia
[128] in co del ponte presso a Benevento,
[132] dov’ e’ le trasmutò a lume spento.
[143] revelando a la mia buona Costanza

38. Purgatorio • Canto IV

[4] par ch’a nulla potenza più intenda;
[8] che tegna forte a sé l’anima volta,
[18] gridaro a noi: «Qui è vostro dimando».
[29] del gran disio, di retro a quel condotto
[35] de l’alta ripa, a la scoperta piaggia,
[37] Ed elli a me: «Nessun tuo passo caggia;
[38] pur su al monte dietro a me acquista,
[42] che da mezzo quadrante a centro lista.
[52] A seder ci ponemmo ivi ambedui
[53] vòlti a levante ond’ eravam saliti,
[54] che suole a riguardar giovare altrui.
[61] Ond’ elli a me: «Se Castore e Poluce
[65] ancora a l’Orse più stretto rotare,
[73] vedrai come a costui convien che vada
[74] da l’un, quando a colui da l’altro fianco,
[85] Ma se a te piace, volontier saprei
[88] Ed elli a me: «Questa montagna è tale,
[93] com’ a seconda giù andar per nave,
[101] e vedemmo a mancina un gran petrone,
[104] che si stavano a l’ombra dietro al sasso
[105] come l’uom per negghienza a star si pone.
[112] Allor si volse a noi e puose mente,
[117] non m’impedì l’andare a lui; e poscia
[118] ch’a lui fu’ giunto, alzò la testa a pena,
[122] mosser le labbra mie un poco a riso;
[123] poi cominciai: «Belacqua, a me non dole
[128] ché non mi lascerebbe ire a’ martìri
[138] meridïan dal sole e a la riva

39. Purgatorio • Canto V

[3] quando di retro a me, drizzando ’l dito,
[5] lo raggio da sinistra a quel di sotto,
[13] Vien dietro a me, e lascia dir le genti:
[23] venivan genti innanzi a noi un poco,
[24] cantando ‘Miserere’ a verso a verso.
[29] corsero incontr’ a noi e dimandarne:
[32] e ritrarre a color che vi mandaro
[41] e, giunti là, con li altri a noi dier volta,
[43] «Questa gente che preme a noi è molta,
[44] e vegnonti a pregar», disse ’l poeta:
[53] e peccatori infino a l’ultima ora;
[56] di vita uscimmo a Dio pacificati,
[59] non riconosco alcun; ma s’a voi piace
[62] che, dietro a’ piedi di sì fatta guida,
[67] Ond’ io, che solo innanzi a li altri parlo,
[75] fatti mi fuoro in grembo a li Antenori,
[86] si compia che ti tragge a l’alto monte,
[91] E io a lui: «Qual forza o qual ventura
[94] «Oh!», rispuos’ elli, «a piè del Casentino
[99] fuggendo a piede e sanguinando il piano.
[119] la pioggia cadde, e a’ fossati venne

40. Purgatorio • Canto VI

[6] e qual dallato li si reca a mente;
[8] a cui porge la man, più non fa pressa;
[11] volgendo a loro, e qua e là, la faccia,
[34] Ed elli a me: «La mia scrittura è piana;
[43] Veramente a così alto sospetto
[49] E io: «Segnore, andiamo a maggior fretta,
[61] Venimmo a lei: o anima lombarda,
[66] a guisa di leon quando si posa.
[67] Pur Virgilio si trasse a lei, pregando
[96] poi che ponesti mano a la predella.
[106] Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,
[112] Vieni a veder la tua Roma che piagne
[115] Vieni a veder la gente quanto s’ama!
[117] a vergognar ti vien de la tua fama.
[131] per non venir sanza consiglio a l’arco;
[143] provedimenti, ch’a mezzo novembre
[149] vedrai te somigliante a quella inferma

41. Purgatorio • Canto VII

[4] «Anzi che a questo monte fosser volte
[5] l’anime degne di salire a Dio,
[26] a veder l’alto Sol che tu disiri
[42] per quanto ir posso, a guida mi t’accosto.
[46] Anime sono a destra qua remote;
[66] a guisa che i vallon li sceman quici.
[72] là dove più ch’a mezzo muore il lembo.
[76] da l’erba e da li fior, dentr’ a quel seno
[93] e che non move bocca a li altrui canti,
[103] E quel nasetto che stretto a consiglio
[107] L’altro vedete c’ha fatto a la guancia
[116] lo giovanetto che retro a lui siede,
[125] non men ch’a l’altro, Pier, che con lui canta,

42. Purgatorio • Canto VIII

[7] quand’ io incominciai a render vano
[8] l’udire e a mirare una de l’alme
[12] come dicesse a Dio: ‘D’altro non calme’.
[15] che fece me a me uscir di mente;
[18] avendo li occhi a le superne rote.
[31] L’un poco sovra noi a star si venne,
[36] come virtù ch’a troppo si confonda.
[38] disse Sordello, «a guardia de la valle,
[42] tutto gelato, a le fidate spalle.
[57] a piè del monte per le lontane acque?».
[64] L’uno a Virgilio e l’altro a un si volse
[66] vieni a veder che Dio per grazia volse».
[67] Poi, vòlto a me: «Per quel singular grado
[68] che tu dei a colui che sì nasconde
[71] dì a Giovanna mia che per me chiami
[72] là dove a li ’nnocenti si risponde.
[87] sì come rota più presso a lo stelo.
[89] E io a lui: «A quelle tre facelle
[91] Ond’ elli a me: «Le quattro chiare stelle
[94] Com’ ei parlava, e Sordello a sé il trasse
[106] Sentendo fender l’aere a le verdi ali,
[108] suso a le poste rivolando iguali.
[117] sai, dillo a me, che già grande là era.
[120] a’ miei portai l’amor che qui raffina».

43. Purgatorio • Canto IX

[14] la rondinella presso a la mattina,
[15] forse a memoria de’ suo’ primi guai,
[18] a le sue visïon quasi è divina,
[21] con l’ali aperte e a calare intesa;
[37] quando la madre da Chirón a Schiro
[45] e ’l viso m’era a la marina torto.
[47] «fatti sicur, ché noi semo a buon punto;
[64] A guisa d’uom che ’n dubbio si raccerta
[86] cominciò elli a dire, «ov’ è la scorta?
[89] rispuose ’l mio maestro a lui, «pur dianzi
[93] «Venite dunque a’ nostri gradi innanzi».
[109] Divoto mi gittai a’ santi piedi;
[120] fece a la porta sì, ch’i’ fu’ contento.
[123] diss’ elli a noi, «non s’apre questa calla.
[128] anzi ad aprir ch’a tenerla serrata,
[129] pur che la gente a’ piedi mi s’atterri».
[130] Poi pinse l’uscio a la porta sacrata,
[142] Tale imagine a punto mi rendea
[144] quando a cantar con organi si stea;

44. Purgatorio • Canto X

[37] dinanzi a noi pareva sì verace
[54] acciò che fosse a li occhi miei disposta.
[59] partita in sette cori, a’ due mie’ sensi
[72] che di dietro a Micòl mi biancheggiava.
[75] mosse Gregorio a la sua gran vittoria;
[79] Intorno a lui parea calcato e pieno
[85] ed elli a lei rispondere: «Or aspetta
[90] a te che fia, se ’l tuo metti in oblio?»;
[96] novello a noi perché qui non si trova.
[99] e per lo fabbro loro a veder care,
[102] questi ne ’nvïeranno a li alti gradi».
[103] Li occhi miei, ch’a mirare eran contenti
[113] muovere a noi, non mi sembian persone,
[115] Ed elli a me: «La grave condizione
[116] di lor tormento a terra li rannicchia,
[119] col viso quel che vien sotto a quei sassi:
[125] nati a formar l’angelica farfalla,
[126] che vola a la giustizia sanza schermi?
[137] secondo ch’avien più e meno a dosso;

45. Purgatorio • Canto XI

[11] fan sacrificio a te, cantando osanna,
[13] Dà oggi a noi la cotidiana manna,
[15] a retro va chi più di gir s’affanna.
[17] perdoniamo a ciascuno, e tu perdona
[24] ma per color che dietro a noi restaro».
[25] Così a sé e noi buona ramogna
[27] simile a quel che talvolta si sogna,
[28] disparmente angosciate tutte a tondo
[36] possano uscire a le stellate ruote.
[46] Le lor parole, che rendero a queste
[49] ma fu detto: «A man destra per la riva
[51] possibile a salir persona viva.
[57] e per farlo pietoso a questa soma.
[63] che, non pensando a la comune madre,
[67] Io sono Omberto; e non pur a me danno
[71] per lei, tanto che a Dio si sodisfaccia,
[78] a me che tutto chin con loro andava.
[90] che, possendo peccar, mi volsi a Dio.
[97] Così ha tolto l’uno a l’altro Guido
[107] spazio a l’etterno, ch’un muover di ciglia
[110] dinanzi a me, Toscana sonò tutta;
[111] e ora a pena in Siena sen pispiglia,
[114] fu a quel tempo sì com’ ora è putta.
[118] E io a lui: «Tuo vero dir m’incora
[123] a recar Siena tutta a le sue mani.
[126] a sodisfar chi è di là troppo oso».
[138] si condusse a tremar per ogne vena.

46. Purgatorio • Canto XII

[1] Di pari, come buoi che vanno a giogo,
[21] che solo a’ pïi dà de le calcagne;
[30] grave a la terra per lo mortal gelo.
[34] Vedea Nembròt a piè del gran lavoro
[50] come Almeon a sua madre fé caro
[56] che fé Tamiri, quando disse a Ciro:
[88] A noi venìa la creatura bella,
[94] A questo invito vegnon molto radi:
[96] perché a poco vento così cadi?».
[100] Come a man destra, per salire al monte
[135] quel da le chiavi a me sovra le tempie:
[136] a che guardando, il mio duca sorrise.

47. Purgatorio • Canto XIII

[14] fece del destro lato a muover centro,
[16] «O dolce lume a cui fidanza i’ entro
[27] a la mensa d’amor cortesi inviti.
[30] e dietro a noi l’andò reïterando.
[44] e vedrai gente innanzi a noi sedersi,
[56] che li atti loro a me venivan certi,
[61] Così li ciechi a cui la roba falla,
[62] stanno a’ perdoni a chieder lor bisogna,
[67] E come a li orbi non approda il sole,
[68] così a l’ombre quivi, ond’ io parlo ora,
[70] ché a tutti un fil di ferro i cigli fóra
[71] e cusce sì, come a sparvier selvaggio
[73] A me pareva, andando, fare oltraggio,
[85] Volsimi a loro e: «O gente sicura»,
[102] lo mento a guisa d’orbo in sù levava.
[108] lagrimando a colui che sé ne presti.
[115] Eran li cittadin miei presso a Colle
[120] letizia presi a tutte altre dispari,
[122] gridando a Dio: “Omai più non ti temo!”,
[127] se ciò non fosse, ch’a memoria m’ebbe
[129] a cui di me per caritate increbbe.
[139] Ed ella a me: «Chi t’ha dunque condotto
[145] «Oh, questa è a udir sì cosa nuova»,
[150] che a’ miei propinqui tu ben mi rinfami.
[153] più di speranza ch’a trovar la Diana;

48. Purgatorio • Canto XIV

[3] e apre li occhi a sua voglia e coverchia?».
[7] Così due spirti, l’uno a l’altro chini,
[8] ragionavan di me ivi a man dritta;
[65] lasciala tal, che di qui a mille anni
[67] Com’ a l’annunzio di dogliosi danni
[71] stava a udir, turbarsi e farsi trista,
[72] poi ch’ebbe la parola a sé raccolta.
[78] nel fare a te ciò che tu far non vuo’mi.
[94] ché dentro a questi termini è ripieno
[144] che dovria l’uom tener dentro a sua meta.
[146] de l’antico avversaro a sé vi tira;
[150] e l’occhio vostro pur a terra mira;

49. Purgatorio • Canto XV

[3] che sempre a guisa di fanciullo scherza,
[10] quand’ io senti’ a me gravar la fronte
[11] a lo splendore assai più che di prima,
[17] salta lo raggio a l’opposita parte,
[19] a quel che scende, e tanto si diparte
[23] quivi dinanzi a me esser percosso;
[24] per che a fuggir la mia vista fu ratta.
[25] «Che è quel, dolce padre, a che non posso
[29] la famiglia del cielo», a me rispuose:
[31] Tosto sarà ch’a veder queste cose
[33] quanto natura a sentir ti dispuose».
[34] Poi giunti fummo a l’angel benedetto,
[43] e dirizza’mi a lui sì dimandando:
[46] Per ch’elli a me: «Di sua maggior magagna
[51] invidia move il mantaco a’ sospiri.
[64] Ed elli a me: «Però che tu rificchi
[65] la mente pur a le cose terrene,
[69] com’ a lucido corpo raggio vene.
[75] e come specchio l’uno a l’altro rende.
[104] «Che farem noi a chi mal ne disira,
[108] gridando a sé pur: «Martira, martira!».
[112] orando a l’alto Sire, in tanta guerra,
[113] che perdonasse a’ suoi persecutori,
[116] a le cose che son fuor di lei vere,
[123] a guisa di cui vino o sonno piega?».
[131] d’aprir lo core a l’acque de la pace
[142] Ed ecco a poco a poco un fummo farsi

50. Purgatorio • Canto XVI

[6] né a sentir di così aspro pelo,
[10] Sì come cieco va dietro a sua guida
[23] diss’ io. Ed elli a me: «Tu vero apprendi,
[32] per tornar bella a colui che ti fece,
[52] E io a lui: «Per fede mi ti lego
[75] lume v’è dato a bene e a malizia,
[79] A maggior forza e a miglior natura
[85] Esce di mano a lui che la vagheggia
[86] prima che sia, a guisa di fanciulla
[90] volontier torna a ciò che la trastulla.
[101] pur a quel ben fedire ond’ ella è ghiotta,
[113] se non mi credi, pon mente a la spiga,
[123] che Dio a miglior vita li ripogna:
[137] rispuose a me; «ché, parlandomi tosco,

51. Purgatorio • Canto XVII

[5] a diradar cominciansi, la spera
[8] in giugnere a veder com’ io rividi
[20] ne l’uccel ch’a cantar più si diletta,
[25] Poi piovve dentro a l’alta fantasia
[32] sé per sé stessa, a guisa d’una bulla
[39] madre, a la tua pria ch’a l’altrui ruina».
[61] Or accordiamo a tanto invito il piede;
[78] pur come nave ch’a la piaggia arriva.
[85] Ed elli a me: «L’amor del bene, scemo
[89] volgi la mente a me, e prenderai
[130] Se lento amore a lui veder vi tira
[131] o a lui acquistar, questa cornice,
[137] di sovr’ a noi si piange per tre cerchi;

52. Purgatorio • Canto XVIII

[14] che mi dimostri amore, a cui reduci
[23] tragge intenzione, e dentro a voi la spiega,
[29] per la sua forma ch’è nata a salire
[35] la veritate a la gente ch’avvera
[43] ché, s’amore è di fuori a noi offerto
[46] Ed elli a me: «Quanto ragion qui vede,
[48] pur a Beatrice, ch’è opra di fede.
[61] Or perché a questa ogn’ altra si raccoglia,
[71] surga ogne amor che dentro a voi s’accende,
[75] che l’abbi a mente, s’a parlar ten prende».
[76] La luna, quasi a mezza notte tarda,
[77] facea le stelle a noi parer più rade,
[90] le nostre spalle a noi era già volta.
[97] Tosto fur sovr’ a noi, perché correndo
[100] «Maria corse con fretta a la montagna;
[114] di retro a noi, e troverai la buca.
[115] Noi siam di voglia a muoverci sì pieni,
[118] Io fui abate in San Zeno a Verona
[132] venir dando a l’accidïa di morso».
[133] Di retro a tutti dicean: «Prima fue
[134] morta la gente a cui il mar s’aperse,
[137] fino a la fine col figlio d’Anchise,
[138] sé stessa a vita sanza gloria offerse».
[141] novo pensiero dentro a me si mise,

53. Purgatorio • Canto XIX

[5] veggiono in orïente, innanzi a l’alba,
[17] cominciava a cantar sì, che con pena
[21] tanto son di piacere a sentir piena!
[39] e andavam col sol novo a le reni.
[53] la guida mia incominciò a dirmi,
[56] novella visïon ch’a sé mi piega,
[59] che sola sovr’ a noi omai si piagne;
[61] Bastiti, e batti a terra le calcagne;
[64] Quale ’l falcon, che prima a’ pié si mira,
[68] la roccia per dar via a chi va suso,
[72] giacendo a terra tutta volta in giuso.
[75] che la parola a pena s’intendea.
[83] poco dinanzi a noi ne fu; per ch’io
[85] e volsi li occhi a li occhi al segnor mio:
[88] Poi ch’io potei di me fare a mio senno,
[92] quel sanza ’l quale a Dio tornar non pòssi,
[97] Ed elli a me: «Perché i nostri diretri
[98] rivolga il cielo a sé, saprai; ma prima
[104] pesa il gran manto a chi dal fango il guarda,
[112] Fino a quel punto misera e partita
[119] in alto, fisso a le cose terrene,
[120] così giustizia qui a terra il merse.
[121] Come avarizia spense a ciascun bene
[131] E io a lui: «Per vostra dignitate

54. Purgatorio • Canto XX

[6] come si va per muro stretto a’ merli;
[7] ché la gente che fonde a goccia a goccia
[17] e io attento a l’ombre, ch’i’ sentia
[20] dinanzi a noi chiamar così nel pianto
[32] che fece Niccolò a le pulcelle,
[38] s’io ritorno a compiér lo cammin corto
[48] e io la cheggio a lui che tutto giuggia.
[58] ch’a la corona vedova promossa
[75] sì, ch’a Fiorenza fa scoppiar la pancia.
[83] poscia c’ha’ il mio sangue a te sì tratto,
[95] a veder la vendetta che, nascosa,
[100] tanto è risposto a tutte nostre prece
[107] che seguì a la sua dimanda gorda,
[120] ora a maggiore e ora a minor passo:
[129] qual prender suol colui ch’a morte vada.
[132] a parturir li due occhi del cielo.

55. Purgatorio • Canto XXI

[6] e condoleami a la giusta vendetta.
[8] che Cristo apparve a’ due ch’erano in via,
[10] ci apparve un’ombra, e dietro a noi venìa,
[15] rendéli ’l cenno ch’a ciò si conface.
[22] E ’l dottor mio: «Se tu riguardi a’ segni
[27] che Cloto impone a ciascuno e compila,
[36] parve gridare infino a’ suoi piè molli».
[62] che, tutto libero a mutar convento,
[67] E io, che son giaciuto a questa doglia
[72] a quel Segnor, che tosto sù li ’nvii».
[89] che, tolosano, a sé mi trasse Roma,
[103] Volser Virgilio a me queste parole
[107] a la passion di che ciascun si spicca,
[126] forte a cantar de li uomini e d’i dèi.
[134] comprender de l’amor ch’a te mi scalda,

56. Purgatorio • Canto XXII

[1] Già era l’angel dietro a noi rimaso,
[4] e quei c’hanno a giustizia lor disiro
[26] un poco a riso pria; poscia rispuose:
[29] che danno a dubitar falsa matera
[39] crucciato quasi a l’umana natura:
[44] potean le mani a spendere, e pente’mi
[64] Ed elli a lui: «Tu prima m’invïasti
[65] verso Parnaso a ber ne le sue grotte,
[75] a colorare stenderò la mano.
[80] si consonava a’ nuovi predicanti;
[81] ond’ io a visitarli presi usata.
[87] fer dispregiare a me tutte altre sette.
[88] E pria ch’io conducessi i Greci a’ fiumi
[116] di novo attenti a riguardar dintorno,
[119] rimase a dietro, e la quinta era al temo,
[121] quando il mio duca: «Io credo ch’a lo stremo
[129] ch’a poetar mi davano intelletto.
[132] con pomi a odorar soavi e buoni;
[139] Li due poeti a l’alber s’appressaro;
[144] ch’a la sua bocca, ch’or per voi risponde.

57. Purgatorio • Canto XXIII

[3] chi dietro a li uccellin sua vita perde,
[19] così di retro a noi, più tosto mota,
[25] Non credo che così a buccia strema
[41] volse a me li occhi un’ombra e guardò fiso;
[47] mia conoscenza a la cangiata labbia,
[49] «Deh, non contendere a l’asciutta scabbia
[51] né a difetto di carne ch’io abbia;
[61] Ed elli a me: «De l’etterno consiglio
[73] ché quella voglia a li alberi ci mena
[74] che menò Cristo lieto a dire ‘Elì’,
[76] E io a lui: «Forese, da quel dì
[77] nel qual mutasti mondo a miglior vita,
[78] cinqu’ anni non son vòlti infino a qui.
[81] del buon dolor ch’a Dio ne rimarita,
[85] Ond’ elli a me: «Sì tosto m’ha condotto
[86] a ber lo dolce assenzo d’i martìri
[91] Tanto è a Dio più cara e più diletta
[101] a le sfacciate donne fiorentine
[115] Per ch’io a lui: «Se tu riduci a mente

58. Purgatorio • Canto XXIV

[28] Vidi per fame a vòto usar li denti
[32] già di bere a Forlì con men secchezza,
[35] più d’un che d’altro, fei a quel da Lucca,
[52] E io a lui: «I’ mi son un che, quando
[53] Amor mi spira, noto, e a quel modo
[61] e qual più a gradire oltre si mette,
[62] non vede più da l’uno a l’altro stilo»;
[66] poi volan più a fretta e vanno in filo,
[78] ch’io non sia col voler prima a la riva;
[79] però che ’l loco u’ fui a viver posto,
[81] e a trista ruina par disposto».
[83] vegg’ ïo a coda d’una bestia tratto
[88] Non hanno molto a volger quelle ruote»,
[93] venendo teco sì a paro a paro».
[100] E quando innanzi a noi intrato fue,
[101] che li occhi miei si fero a lui seguaci,
[102] come la mente a le parole sue,
[127] Sì accostati a l’un d’i due vivagni
[139] com’ io vidi un che dicea: «S’a voi piace
[143] per ch’io mi volsi dietro a’ miei dottori,

59. Purgatorio • Canto XXV

[3] lasciato al Tauro e la notte a lo Scorpio:
[5] ma vassi a la via sua, che che li appaia,
[14] di dimandar, venendo infino a l’atto
[15] che fa colui ch’a dicer s’argomenta.
[24] non fora», disse, «a te questo sì agro;
[26] guizza dentro a lo specchio vostra image,
[28] Ma perché dentro a tuo voler t’adage,
[40] prende nel core a tutte membra umane
[42] ch’a farsi quelle per le vene vane.
[47] l’un disposto a patire, e l’altro a fare
[54] che questa è in via e quella è già a riva,
[60] dove natura a tutte membra intende.
[67] Apri a la verità che viene il petto;
[70] lo motor primo a lui si volge lieto
[78] giunto a l’omor che de la vite cola.
[86] mirabilmente a l’una de le rive;
[97] e simigliante poi a la fiammella
[102] ciascun sentire infino a la veduta.
[109] E già venuto a l’ultima tortura
[110] s’era per noi, e vòlto a la man destra,
[119] si vuol tenere a li occhi stretto il freno,
[125] per ch’io guardava a loro e a’ miei passi
[126] compartendo la vista a quando a quando.
[127] Appresso il fine ch’a quell’ inno fassi,

60. Purgatorio • Canto XXVI

[8] parer la fiamma; e pur a tanto indizio
[11] loro a parlar di me; e cominciarsi
[12] a dir: «Colui non par corpo fittizio»;
[17] ma forse reverente, a li altri dopo,
[18] rispondi a me che ’n sete e ’n foco ardo.
[19] Né solo a me la tua risposta è uopo;
[29] venne gente col viso incontro a questa,
[30] la qual mi fece a rimirar sospeso.
[33] sanza restar, contente a brieve festa;
[36] forse a spïar lor via e lor fortuna.
[42] perché ’l torello a sua lussuria corra».
[43] Poi, come grue ch’a le montagne Rife
[47] e tornan, lagrimando, a’ primi canti
[49] e raccostansi a me, come davanti,
[66] che se ne va di retro a’ vostri terghi».
[80] rimproverando a sé com’ hai udito,
[89] se forse a nome vuo’ saper chi semo,
[93] per ben dolermi prima ch’a lo stremo».
[95] si fer due figli a riveder la madre,
[96] tal mi fec’ io, ma non a tanto insurgo,
[106] Ed elli a me: «Tu lasci tal vestigio,
[112] E io a lui: «Li dolci detti vostri,
[121] A voce più ch’al ver drizzan li volti,
[131] quanto bisogna a noi di questo mondo,
[139] El cominciò liberamente a dire:
[141] qu’ieu no me puesc ni voill a vos cobrire.
[147] sovenha vos a temps de ma dolor!».

61. Purgatorio • Canto XXVII

[24] che farò ora presso più a Dio?
[25] Credi per certo che se dentro a l’alvo
[56] di là; e noi, attenti pur a lei,
[59] sonò dentro a un lume che lì era,
[66] dinanzi a me del sol ch’era già basso.
[79] tacite a l’ombra, mentre che ’l sol ferve,
[102] le belle mani a farmi una ghirlanda.
[103] Per piacermi a lo specchio, qui m’addorno;
[110] che tanto a’ pellegrin surgon più grati,
[120] che fosser di piacere a queste iguali.
[137] che, lagrimando, a te venir mi fenno,
[141] e fallo fora non fare a suo senno:

62. Purgatorio • Canto XXVIII

[3] ch’a li occhi temperava il novo giorno,
[11] tutte quante piegavano a la parte
[18] che tenevan bordone a le sue rime,
[23] dentro a la selva antica tanto, ch’io
[43] «Deh, bella donna, che a’ raggi d’amore
[44] ti scaldi, s’i’ vo’ credere a’ sembianti
[47] diss’ io a lei, «verso questa rivera,
[53] a terra e intra sé, donna che balli,
[54] e piede innanzi piede a pena mette,
[60] veniva a me co’ suoi intendimenti.
[65] sotto le ciglia a Venere, trafitta
[72] ancora freno a tutti orgogli umani,
[78] a l’umana natura per suo nido,
[86] impugnan dentro a me novella fede
[87] di cosa ch’io udi’ contraria a questa».
[91] Lo sommo Ben, che solo esso a sé piace,
[92] fé l’uom buono e a bene, e questo loco
[93] diede per arr’ a lui d’etterna pace.
[100] a l’uomo non facesse alcuna guerra,
[133] a tutti altri sapori esto è di sopra.
[146] a’ miei poeti, e vidi che con riso
[148] poi a la bella donna torna’ il viso.

63. Purgatorio • Canto XXIX

[12] per modo ch’a levante mi rendei.
[14] quando la donna tutta a me si torse,
[33] e disïoso ancora a più letizie,
[34] dinanzi a noi, tal quale un foco acceso,
[42] forti cose a pensar mettere in versi.
[49] la virtù ch’a ragion discorso ammanna,
[58] Indi rendei l’aspetto a l’alte cose
[59] che si movieno incontr’ a noi sì tardi,
[63] e ciò che vien di retro a lor non guardi?».
[64] Genti vid’ io allor, come a lor duci,
[74] lasciando dietro a sé l’aere dipinto,
[80] che la mia vista; e, quanto a mio avviso,
[83] ventiquattro seniori, a due a due,
[89] a rimpetto di me da l’altra sponda
[97] A descriver lor forme più non spargo
[99] tanto ch’a questa non posso esser largo;
[104] tali eran quivi, salvo ch’a le penne
[106] Lo spazio dentro a lor quattro contenne
[111] sì ch’a nulla, fendendo, facea male.
[123] ch’a pena fora dentro al foco nota;
[138] a li animali fé ch’ell’ ha più cari;
[151] E quando il carro a me fu a rimpetto,

64. Purgatorio • Canto XXX

[6] qual temon gira per venire a porto,
[9] al carro volse sé come a sua pace;
[35] tempo era stato ch’a la sua presenza
[43] volsimi a la sinistra col respitto
[44] col quale il fantolin corre a la mamma
[46] per dicere a Virgilio: ‘Men che dramma
[51] Virgilio a cui per mia salute die’mi;
[53] valse a le guance nette di rugiada,
[59] viene a veder la gente che ministra
[60] per li altri legni, e a ben far l’incora;
[77] ma veggendomi in esso, i trassi a l’erba,
[80] com’ ella parve a me; perché d’amaro
[93] dietro a le note de li etterni giri;
[95] lor compatire a me, par che se detto
[101] del carro stando, a le sustanze pie
[104] sì che notte né sonno a voi non fura
[113] che sì alti vapori hanno a lor piova,
[122] mostrando li occhi giovanetti a lui,
[126] questi si tolse a me, e diessi altrui.
[127] Quando di carne a spirto era salita,
[129] fu’ io a lui men cara e men gradita;
[135] lo rivocai: sì poco a lui ne calse!
[137] a la salute sua eran già corti,
[140] e a colui che l’ha qua sù condotto,

65. Purgatorio • Canto XXXI

[2] volgendo suo parlare a me per punta,
[5] «dì, dì se questo è vero: a tanta accusa
[11] Rispondi a me; ché le memorie triste
[22] Ond’ ella a me: «Per entro i mie’ disiri,
[24] di là dal qual non è a che s’aspiri,
[32] a pena ebbi la voce che rispuose,
[33] e le labbra a fatica la formaro.
[57] di retro a me che non era più tale.
[65] con li occhi a terra stannosi, ascoltando
[72] o vero a quel de la terra di Iarba,
[97] Quando fui presso a la beata riva,
[104] dentro a la danza de le quattro belle;
[108] fummo ordinate a lei per sue ancelle.
[109] Merrenti a li occhi suoi; ma nel giocondo
[114] ove Beatrice stava volta a noi.
[116] posto t’avem dinanzi a li smeraldi
[119] strinsermi li occhi a li occhi rilucenti,
[137] a lui la bocca tua, sì che discerna
[143] tentando a render te qual tu paresti

66. Purgatorio • Canto XXXII

[2] a disbramarsi la decenne sete,
[6] a sé traéli con l’antica rete!—;
[10] e la disposizion ch’a veder èe
[15] sensibile onde a forza mi rimossi),
[25] Indi a le rote si tornar le donne,
[37] Io senti’ mormorare a tutti «Adamo»;
[46] Così dintorno a l’albero robusto
[51] e quel di lei a lei lasciò legato.
[54] che raggia dietro a la celeste lasca,
[66] li occhi a cui pur vegghiar costò sì caro;
[70] Però trascorro a quando mi svegliai,
[73] Quali a veder de’ fioretti del melo
[77] e vinti, ritornaro a la parola
[96] che legar vidi a la biforme fera.
[130] Poi parve a me che la terra s’aprisse
[134] a sé traendo la coda maligna,
[152] vidi di costa a lei dritto un gigante;
[155] a me rivolse, quel feroce drudo
[160] a la puttana e a la nova belva.

67. Purgatorio • Canto XXXIII

[6] più a la croce si cambiò Maria.
[8] a lei di dir, levata dritta in pè,
[24] a domandarmi omai venendo meco?».
[25] Come a color che troppo reverenti
[26] dinanzi a suo maggior parlando sono,
[28] avvenne a me, che sanza intero suono
[31] Ed ella a me: «Da tema e da vergogna
[41] a darne tempo già stelle propinque,
[48] perch’ a lor modo lo ’ntelletto attuia;
[53] così queste parole segna a’ vivi
[54] del viver ch’è un correre a la morte.
[55] E aggi a mente, quando tu le scrivi,
[59] con bestemmia di fatto offende a Dio,
[60] che solo a l’uso suo la creò santa.
[68] li pensier vani intorno a la tua mente,
[69] e ’l piacer loro un Piramo a la gelsa,
[72] conosceresti a l’arbor moralmente.
[77] che ’l te ne porti dentro a te per quello
[102] quelle scovrire a la tua vista rude».
[107] chi va dinanzi a gente per iscorta
[134] la bella donna mossesi, e a Stazio
[140] ordite a questa cantica seconda,
[145] puro e disposto a salire a le stelle.

68. Paradiso • Canto I

[13] O buono Appollo, a l’ultimo lavoro
[15] come dimandi a dar l’amato alloro.
[16] Infino a qui l’un giogo di Parnaso
[35] forse di retro a me con miglior voci
[42] più a suo modo tempera e suggella.
[56] a le nostre virtù, mercé del loco
[61] e di sùbito parve giorno a giorno
[72] a cui esperïenza grazia serba.
[77] desiderato, a sé mi fece atteso
[86] a quïetarmi l’animo commosso,
[87] pria ch’io a dimandar, la bocca aprio
[105] che l’universo a Dio fa simigliante.
[112] onde si muovono a diversi porti
[114] con istinto a lei dato che la porti.
[124] e ora lì, come a sito decreto,
[128] molte fïate a l’intenzion de l’arte,
[129] perch’ a risponder la materia è sorda,
[141] com’ a terra quïete in foco vivo».

69. Paradiso • Canto II

[4] tornate a riveder li vostri liti:
[15] dinanzi a l’acqua che ritorna equale.
[26] mi torse il viso a sé; e però quella
[31] Parev’ a me che nube ne coprisse
[45] a guisa del ver primo che l’uom crede.
[72] seguiterieno a tua ragion distrutti.
[90] lo qual di retro a sé piombo nasconde.
[93] per esser lì refratto più a retro.
[102] e torni a te da tutti ripercosso.
[120] dispongono a lor fini e lor semenze.
[133] E come l’alma dentro a vostra polve
[135] a diverse potenze si risolve,
[145] Da essa vien ciò che da luce a luce
[148] conforme a sua bontà, lo turbo e ’l chiaro».

70. Paradiso • Canto III

[6] leva’ il capo a proferer più erto;
[8] a sé me tanto stretto, per vedersi,
[15] non vien men forte a le nostre pupille;
[16] tali vid’ io più facce a parlar pronte;
[17] per ch’io dentro a l’error contrario corsi
[18] a quel ch’accese amor tra l’omo e ’l fonte.
[28] ma te rivolve, come suole, a vòto:
[34] E io a l’ombra che parea più vaga
[37] «O ben creato spirito, che a’ rai
[44] a giusta voglia, se non come quella
[45] che vuol simile a sé tutta sua corte.
[58] Ond’ io a lei: «Ne’ mirabili aspetti
[61] però non fui a rimembrar festino;
[80] tenersi dentro a la divina voglia,
[83] per questo regno, a tutto il regno piace
[84] com’ a lo re che ’n suo voler ne ’nvoglia.
[96] onde non trasse infino a co la spuola.
[98] donna più sù», mi disse, «a la cui norma
[102] che caritate a suo piacer conforma.
[106] Uomini poi, a mal più ch’a bene usi,
[127] e a Beatrice tutta si converse;
[130] e ciò mi fece a dimandar più tardo.

71. Paradiso • Canto IV

[23] parer tornarsi l’anime a le stelle,
[33] né hanno a l’esser lor più o meno anni;
[44] a vostra facultate, e piedi e mano
[45] attribuisce a Dio e altro intende;
[50] non è simile a ciò che qui si vede,
[52] Dice che l’alma a la sua stella riede,
[58] S’elli intende tornare a queste ruote
[63] Mercurio e Marte a nominar trascorse.
[71] ben penetrare a questa veritate,
[74] nïente conferisce a quel che sforza,
[84] e fece Muzio a la sua man severo,
[92] dinanzi a li occhi, tal che per te stesso
[106] A questo punto voglio che tu pense
[122] che basti a render voi grazia per grazia;
[123] ma quei che vede e puote a ciò risponda.
[130] Nasce per quello, a guisa di rampollo,
[131] a piè del vero il dubbio; ed è natura
[134] con reverenza, donna, a dimandarvi
[138] ch’a la vostra statera non sien parvi».

72. Paradiso • Canto V

[20] fesse creando, e a la sua bontate
[37] convienti ancor sedere un poco a mensa,
[39] richiede ancora aiuto a tua dispensa.
[40] Apri la mente a quel ch’io ti paleso
[43] Due cose si convegnono a l’essenza
[49] però necessitato fu a li Ebrei
[55] Ma non trasmuti carco a la sua spalla
[64] Non prendan li mortali il voto a ciancia;
[65] siate fedeli, e a ciò far non bieci,
[66] come Ieptè a la sua prima mancia;
[73] Siate, Cristiani, a muovervi più gravi:
[78] questo vi basti a vostro salvamento.
[84] seco medesmo a suo piacer combatte!».
[85] Così Beatrice a me com’ ïo scrivo;
[87] a quella parte ove ’l mondo è più vivo.
[101] traggonsi i pesci a ciò che vien di fori
[106] E sì come ciascuno a noi venìa,
[114] sì come a li occhi mi fur manifesti.
[115] «O bene nato a cui veder li troni
[120] di noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia».
[123] sicuramente, e credi come a dii».
[129] che si vela a’ mortai con altrui raggi».
[130] Questo diss’ io diritto a la lumera

73. Paradiso • Canto VI

[3] dietro a l’antico che Lavina tolse,
[6] vicino a’ monti de’ quai prima uscìo;
[13] E prima ch’io a l’ovra fossi attento,
[17] sommo pastore, a la fede sincera
[23] a Dio per grazia piacque di spirarmi
[28] Or qui a la question prima s’appunta
[30] mi stringe a seguitare alcuna giunta,
[33] e chi ’l s’appropria e chi a lui s’oppone.
[39] che i tre a’ tre pugnar per lui ancora.
[44] Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro,
[45] incontro a li altri principi e collegi;
[53] Scipïone e Pompeo; e a quel colle
[56] redur lo mondo a suo modo sereno,
[58] E quel che fé da Varo infino a Reno,
[70] Da indi scese folgorando a Iuba;
[81] che fu serrato a Giano il suo delubro.
[84] per lo regno mortal ch’a lui soggiace,
[89] li concedette, in mano a quel ch’i’ dico,
[90] gloria di far vendetta a la sua ira.
[92] poscia con Tito a far vendetta corse
[101] oppone, e l’altro appropria quello a parte,
[102] sì ch’è forte a veder chi più si falli.
[108] ch’a più alto leon trasser lo vello.
[127] E dentro a la presente margarita
[137] a dimandar ragione a questo giusto,
[141] mendicando sua vita a frusto a frusto,

74. Paradiso • Canto VII

[4] Così, volgendosi a la nota sua,
[5] fu viso a me cantare essa sustanza,
[7] ed essa e l’altre mossero a sua danza,
[11] fra me, ‘dille’ dicea, ‘a la mia donna
[25] Per non soffrire a la virtù che vole
[26] freno a suo prode, quell’ uom che non nacque,
[32] s’era allungata, unì a sé in persona
[34] Or drizza il viso a quel ch’or si ragiona:
[41] s’a la natura assunta si misura,
[44] guardando a la persona che sofferse,
[47] ch’a Dio e a’ Giudei piacque una morte;
[57] a nostra redenzion pur questo modo”.
[59] a li occhi di ciascuno il cui ingegno
[61] Veramente, però ch’a questo segno
[72] a la virtute de le cose nove.
[93] avesse sodisfatto a sua follia.
[103] Dunque a Dio convenia con le vie sue
[104] riparar l’omo a sua intera vita,
[111] a rilevarvi suso, fu contenta.
[115] ché più largo fu Dio a dar sé stesso
[116] per far l’uom sufficiente a rilevarsi,
[119] a la giustizia, se ’l Figliuol di Dio
[122] ritorno a dichiararti in alcun loco,
[126] venire a corruzione, e durar poco;
[138] in queste stelle che ’ntorno a lor vanno.

75. Paradiso • Canto VIII

[4] per che non pur a lei faceano onore
[9] e dicean ch’el sedette in grembo a Dido;
[25] a chi avesse quei lumi divini
[26] veduti a noi venir, lasciando il giro
[28] e dentro a quei che più innanzi appariro
[31] Indi si fece l’un più presso a noi
[41] a la mia donna reverenti, ed essa
[43] rivolsersi a la luce che promessa
[48] quando parlai, a l’allegrezze sue!
[60] per suo segnore a tempo m’aspettava,
[75] mosso Palermo a gridar: “Mora, mora!”.
[80] per lui, o per altrui, sì ch’a sua barca
[92] poi che, parlando, a dubitar m’hai mosso
[94] Questo io a lui; ed elli a me: «S’io posso
[95] mostrarti un vero, a quel che tu dimandi
[104] disposto cade a proveduto fine,
[121] Sì venne deducendo infino a quici;
[128] a la cera mortal, fa ben sua arte,
[132] da sì vil padre, che si rende a Marte.
[134] simil farebbe sempre a’ generanti,
[140] discorde a sé, com’ ogne altra semente
[145] Ma voi torcete a la religïone
[146] tal che fia nato a cignersi la spada,

76. Paradiso • Canto IX

[9] come quel ben ch’a ogne cosa è tanto.
[24] seguette come a cui di ben far giova:
[30] che fece a la contrada un grande assalto.
[34] ma lietamente a me medesma indulgo
[57] e stanco chi ’l pesasse a oncia a oncia,
[62] onde refulge a noi Dio giudicante;
[75] voglia di sé a te puot’ esser fuia.
[79] perché non satisface a’ miei disii?
[94] Folco mi disse quella gente a cui
[98] noiando e a Sicheo e a Creusa,
[104] non de la colpa, ch’a mente non torna,
[116] Raab; e a nostr’ ordine congiunta,
[135] si studia, sì che pare a’ lor vivagni.
[136] A questo intende il papa e ’ cardinali;
[137] non vanno i lor pensieri a Nazarette,
[141] a la milizia che Pietro seguette,

77. Paradiso • Canto X

[7] Leva dunque, lettore, a l’alte rote
[8] meco la vista, dritto a quella parte
[10] e lì comincia a vagheggiar ne l’arte
[11] di quel maestro che dentro a sé l’ama,
[23] dietro pensando a ciò che si preliba,
[26] ché a sé torce tutta la mia cura
[47] a tanta altezza, non è maraviglia;
[53] ringrazia il Sol de li angeli, ch’a questo
[56] a divozione e a rendersi a Dio
[58] come a quelle parole mi fec’ io;
[77] si fuor girati intorno a noi tre volte,
[78] come stelle vicine a’ fermi poli,
[82] E dentro a l’un senti’ cominciar: «Quando
[97] Questi che m’è a destra più vicino,
[108] offerse a Santa Chiesa suo tesoro.
[114] a veder tanto non surse il secondo.
[116] che giù in carne più a dentro vide
[122] di luce in luce dietro a le mie lode,
[126] fa manifesto a chi di lei ben ode.
[129] e da essilio venne a questa pace.
[132] che a considerar fu più che viro.
[133] Questi onde a me ritorna il tuo riguardo,
[135] gravi a morir li parve venir tardo:
[141] a mattinar lo sposo perché l’ami,
[146] muoversi e render voce a voce in tempra

78. Paradiso • Canto XI

[4] Chi dietro a iura e chi ad amforismi
[9] s’affaticava e chi si dava a l’ozio,
[15] fermossi, come a candellier candelo.
[16] E io senti’ dentro a quella lumera
[34] in sé sicura e anche a lui più fida,
[56] ch’el cominciò a far sentir la terra
[59] del padre corse, a cui, come a la morte,
[61] e dinanzi a la sua spirital corte
[66] fino a costui si stette sanza invito;
[69] colui ch’a tutto ’l mondo fé paura;
[80] si scalzò prima, e dietro a tanta pace
[84] dietro a lo sposo, sì la sposa piace.
[90] né per parer dispetto a maraviglia;
[93] primo sigillo a sua religïone.
[95] dietro a costui, la cui mirabil vita
[103] e per trovare a conversione acerba
[109] Quando a colui ch’a tanto ben sortillo
[110] piacque di trarlo suso a la mercede
[112] a’ frati suoi, sì com’ a giuste rede,
[114] e comandò che l’amassero a fede;
[119] collega fu a mantener la barca
[129] più tornano a l’ovil di latte vòte.
[135] se ciò ch’è detto a la mente revoche,

79. Paradiso • Canto XII

[3] a rotar cominciò la santa mola;
[6] e moto a moto e canto a canto colse;
[12] quando Iunone a sua ancella iube,
[14] a guisa del parlar di quella vaga
[21] e sì l’estrema a l’intima rispuose.
[25] insieme a punto e a voler quetarsi,
[29] si mosse voce, che l’ago a la stella
[32] mi tragge a ragionar de l’altro duca
[38] costò a rïarmar, dietro a la ’nsegna
[41] provide a la milizia, ch’era in forse,
[43] e, come è detto, a sua sposa soccorse
[50] dietro a le quali, per la lunga foga,
[57] benigno a’ suoi e a’ nemici crudo;
[68] quinci si mosse spirito a nomarlo
[72] elesse a l’orto suo per aiutarlo.
[78] come dicesse: ‘Io son venuto a questo’.
[83] di retro ad Ostïense e a Taddeo,
[86] tal che si mise a circüir la vigna
[88] E a la sedia che fu già benigna
[89] più a’ poveri giusti, non per lei,
[116] coi piedi a le sue orme, è tanto volta,
[117] che quel dinanzi a quel di retro gitta;
[121] Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio
[125] là onde vegnon tali a la scrittura,
[132] che nel capestro a Dio si fero amici.
[138] ch’a la prim’ arte degnò porre mano.

80. Paradiso • Canto XIII

[7] imagini quel carro a cu’ il seno
[12] a cui la prima rota va dintorno,
[29] e attesersi a noi quei santi lumi,
[36] a batter l’altra dolce amor m’invita.
[39] il cui palato a tutto ’l mondo costa,
[43] quantunque a la natura umana lece
[46] e però miri a ciò ch’io dissi suso,
[49] Or apri li occhi a quel ch’io ti rispondo,
[57] da lui né da l’amor ch’a lor s’intrea,
[61] Quindi discende a l’ultime potenze
[73] Se fosse a punto la cera dedutta
[77] similemente operando a l’artista
[78] ch’a l’abito de l’arte ha man che trema.
[93] quando fu detto “Chiedi”, a dimandare.
[112] E questo ti sia sempre piombo a’ piedi,
[115] ché quelli è tra li stolti bene a basso,
[128] che furon come spade a le Scritture
[131] a giudicar, sì come quei che stima
[138] perire al fine a l’intrar de la foce.

81. Paradiso • Canto XIV

[9] a cui sì cominciar, dopo lui, piacque:
[10] «A costui fa mestieri, e nol vi dice
[12] d’un altro vero andare a la radice.
[20] a la fïata quei che vanno a rota
[22] così, a l’orazion pronta e divota,
[36] forse qual fu da l’angelo a Maria,
[48] lume ch’a lui veder ne condiziona;
[60] a tutto ciò che potrà dilettarne».
[62] e l’uno e l’altro coro a dicer «Amme!»,
[74] cominciare a vedere, e fare un giro
[78] a li occhi miei che, vinti, nol soffriro!
[83] a rilevarsi; e vidimi translato
[89] ch’è una in tutti, a Dio feci olocausto,
[90] qual conveniesi a la grazia novella.
[95] m’apparvero splendor dentro a due raggi,
[120] a tal da cui la nota non è intesa,
[125] però ch’a me venìa «Resurgi» e «Vinci»
[126] come a colui che non intende e ode.
[128] che ’nfino a lì non fu alcuna cosa
[135] e ch’io non m’era lì rivolto a quelli,

82. Paradiso • Canto XV

[4] silenzio puose a quella dolce lira,
[7] Come saranno a’ giusti preghi sorde
[9] ch’io le pregassi, a tacer fur concorde?
[20] a piè di quella croce corse un astro
[31] Così quel lume: ond’ io m’attesi a lui;
[32] poscia rivolsi a la mia donna il viso,
[34] ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso
[37] Indi, a udire e a veder giocondo,
[52] solvuto hai, figlio, dentro a questo lume
[54] ch’a l’alto volo ti vestì le piume.
[55] Tu credi che a me tuo pensier mei
[59] più gaudïoso a te, non mi domandi,
[69] a che la mia risposta è già decreta!».
[70] Io mi volsi a Beatrice, e quella udio
[80] per la cagion ch’a voi è manifesta,
[84] se non col core a la paterna festa.
[85] Ben supplico io a te, vivo topazio
[102] che fosse a veder più che la persona.
[108] a mostrar ciò che ’n camera si puote.
[116] esser contenti a la pelle scoperta,
[121] L’una vegghiava a studio de la culla,
[124] l’altra, traendo a la rocca la chioma,
[130] A così riposato, a così bello
[131] viver di cittadini, a così fida
[132] cittadinanza, a così dolce ostello,
[137] mia donna venne a me di val di Pado,
[142] Dietro li andai incontro a la nequizia
[148] e venni dal martiro a questa pace».

83. Paradiso • Canto XVI

[10] Dal ‘voi’ che prima a Roma s’offerie,
[17] voi mi date a parlar tutta baldezza;
[28] Come s’avviva a lo spirar d’i venti
[30] luce risplendere a’ miei blandimenti;
[31] e come a li occhi miei si fé più bella,
[39] a rinfiammarsi sotto la sua pianta.
[46] Tutti color ch’a quel tempo eran ivi
[54] e a Trespiano aver vostro confine,
[59] non fosse stata a Cesare noverca,
[60] ma come madre a suo figlio benigna,
[62] che si sarebbe vòlto a Simifonti,
[63] là dove andava l’avolo a la cerca;
[108] a le curule Sizii e Arrigucci.
[114] si fanno grassi stando a consistoro.
[116] dietro a chi fugge, e a chi mostra ’l dente
[144] la prima volta ch’a città venisti.
[145] Ma conveniesi a quella pietra scema
[153] non era ad asta mai posto a ritroso,

84. Paradiso • Canto XVII

[1] Qual venne a Climenè, per accertarsi
[2] di ciò ch’avëa incontro a sé udito,
[12] a dir la sete, sì che l’uom ti mesca».
[18] a cui tutti li tempi son presenti;
[19] mentre ch’io era a Virgilio congiunto
[28] Così diss’ io a quella luce stessa
[45] a vista il tempo che ti s’apparecchia.
[50] e tosto verrà fatto a chi ciò pensa
[65] si farà contr’ a te; ma, poco appresso,
[68] farà la prova; sì ch’a te fia bello
[88] A lui t’aspetta e a’ suoi benefici;
[93] incredibili a quei che fier presente.
[96] che dietro a pochi giri son nascose.
[97] Non vo’ però ch’a’ tuoi vicini invidie,
[108] tal, ch’è più grave a chi più s’abbandona;
[117] a molti fia sapor di forte agrume;
[123] quale a raggio di sole specchio d’oro;

85. Paradiso • Canto XVIII

[4] e quella donna ch’a Dio mi menava
[6] presso a colui ch’ogne torto disgrava».
[7] Io mi rivolsi a l’amoroso suono
[26] a ch’io mi volsi, conobbi la voglia
[69] sesta, che dentro a sé m’avea ricolto.
[72] segnare a li occhi miei nostra favella.
[74] quasi congratulando a lor pasture,
[79] Prima, cantando, a sua nota moviensi;
[99] cantando, credo, il ben ch’a sé le move.
[108] rappresentare a quel distinto foco.
[113] pareva prima d’ingigliarsi a l’emme,
[129] lo pan che ’l pïo Padre a nessun serra.
[134] sì a colui che volle viver solo

86. Paradiso • Canto XIX

[1] Parea dinanzi a me con l’ali aperte
[14] son io qui essaltato a quella gloria
[15] che non si lascia vincere a disio;
[41] a lo stremo del mondo, e dentro ad esso
[50] è corto recettacolo a quel bene
[70] ché tu dicevi: “Un uom nasce a la riva
[79] Or tu chi se’, che vuo’ sedere a scranna,
[82] Certo a colui che meco s’assottiglia,
[84] da dubitar sarebbe a maraviglia.
[88] Cotanto è giusto quanto a lei consuona:
[89] nullo creato bene a sé la tira,
[98] son le mie note a te, che non le ’ntendi,
[99] tal è il giudicio etterno a voi mortali».
[103] esso ricominciò: «A questo regno
[108] a lui, che tal che non conosce Cristo;
[112] Che poran dir li Perse a’ vostri regi,
[123] sì che non può soffrir dentro a sua meta.
[133] e a dare ad intender quanto è poco,
[136] E parranno a ciascun l’opere sozze

87. Paradiso • Canto XX

[7] e questo atto del ciel mi venne a mente,
[18] puoser silenzio a li angelici squilli,
[80] lì quasi vetro a lo color ch’el veste,
[97] non a guisa che l’omo a l’om sobranza,
[107] già mai a buon voler, tornò a l’ossa;
[110] ne’ prieghi fatti a Dio per suscitarla,
[116] di vero amor, ch’a la morte seconda
[117] fu degna di venire a questo gioco.
[120] non pinse l’occhio infino a la prima onda,
[121] tutto suo amor là giù pose a drittura:
[123] l’occhio a la nostra redenzion futura;
[134] a giudicar: ché noi, che Dio vedemo,
[142] E come a buon cantor buon citarista

88. Paradiso • Canto XXI

[16] Ficca di retro a li occhi tuoi la mente,
[17] e fa di quelli specchi a la figura
[22] conoscerebbe quanto m’era a grato
[23] ubidire a la mia celeste scorta,
[36] si movono a scaldar le fredde piume;
[56] dentro a la tua letizia, fammi nota
[62] rispuose a me; «onde qui non si canta
[75] basta a seguir la provedenza etterna;
[76] ma questo è quel ch’a cerner mi par forte,
[78] a questo officio tra le tue consorte».
[79] Né venni prima a l’ultima parola,
[89] per ch’a la vista mia, quant’ ella è chiara,
[93] a la dimanda tua non satisfara,
[99] a tanto segno più mover li piedi.
[105] a dimandarla umilmente chi fue.
[107] e non molto distanti a la tua patria,
[111] che suole esser disposto a sola latria».
[118] Render solea quel chiostro a questi cieli
[125] quando fui chiesto e tratto a quel cappello,
[136] A questa voce vid’ io più fiammelle
[139] Dintorno a questa vennero e fermarsi,

89. Paradiso • Canto XXII

[1] Oppresso di stupore, a la mia guida
[22] Come a lei piacque, li occhi ritornai,
[31] Poi dentro a lei udi’: «Se tu vedessi
[35] a l’alto fine, io ti farò risposta
[37] Quel monte a cui Cassino è ne la costa
[52] E io a lui: «L’affetto che dimostri
[96] mirabile a veder che qui ’l soccorso».
[100] La dolce donna dietro a lor mi pinse
[105] ch’agguagliar si potesse a la mia ala.
[106] S’io torni mai, lettore, a quel divoto
[121] A voi divotamente ora sospira
[123] al passo forte che a sé la tira.
[124] «Tu se’ sì presso a l’ultima salute»,
[131] s’appresenti a la turba trïunfante
[144] circa e vicino a lui Maia e Dïone.
[153] tutta m’apparve da’ colli a le foci;
[154] poscia rivolsi li occhi a li occhi belli.

90. Paradiso • Canto XXIII

[48] se’ fatto a sostener lo riso mio».
[51] indarno di ridurlasi a la mente,
[69] né da nocchier ch’a sé medesmo parca.
[76] Così Beatrice; e io, che a’ suoi consigli
[78] a la battaglia de’ debili cigli.
[79] Come a raggio di sol, che puro mei
[87] a li occhi lì che non t’eran possenti.
[95] formata in cerchio a guisa di corona,
[98] qua giù e più a sé l’anima tira,
[126] ch’elli avieno a Maria mi fu palese.
[132] a seminar qua giù buone bobolce!

91. Paradiso • Canto XXIV

[1] «O sodalizio eletto a la gran cena
[7] ponete mente a l’affezione immensa
[12] fiammando, a volte, a guisa di comete.
[14] si giran sì, che ’l primo a chi pon mente
[26] ché l’imagine nostra a cotai pieghe,
[32] a la mia donna dirizzò lo spiro,
[35] a cui Nostro Segnor lasciò le chiavi,
[44] per la verace fede, a glorïarla,
[45] di lei parlare è ben ch’a lui arrivi».
[51] a tal querente e a tal professione.
[55] poi mi volsi a Beatrice, ed essa pronte
[66] e questa pare a me sua quiditate».
[72] a li occhi di là giù son sì ascose,
[101] son l’opere seguite, a che natura
[110] in campo, a seminar la buona pianta
[117] che a l’ultime fronde appressavamo,
[120] infino a qui come aprir si dovea,
[123] e onde a la credenza tua s’offerse».
[133] e a tal creder non ho io pur prove

92. Paradiso • Canto XXV

[11] l’anime a Dio, quivi intra’ io, e poi
[20] presso al compagno, l’uno a l’altro pande,
[38] mi venne; ond’ io leväi li occhi a’ monti
[47] la mente tua, e dì onde a te venne».
[50] de le mie ali a così alto volo,
[51] a la risposta così mi prevenne:
[61] a lui lasc’ io, ché non li saran forti
[62] né di iattanza; ed elli a ciò risponda,
[64] Come discente ch’a dottor seconda
[81] sùbito e spesso a guisa di baleno.
[84] infin la palma e a l’uscir del campo,
[85] vuol ch’io respiri a te che ti dilette
[86] di lei; ed emmi a grato che tu diche
[98] ‘Sperent in te’ di sopr’ a noi s’udì;
[99] a che rispuoser tutte le carole.
[105] a la novizia, non per alcun fallo,
[107] venire a’ due che si volgieno a nota
[121] tal mi fec’ ïo a quell’ ultimo foco
[130] A questa voce l’infiammato giro

93. Paradiso • Canto XXVI

[14] vegna remedio a li occhi, che fuor porte
[22] e disse: «Certo a più angusto vaglio
[24] chi drizzò l’arco tuo a tal berzaglio».
[31] Dunque a l’essenza ov’ è tanto avvantaggio,
[37] Tal vero a l’intelletto mïo sterne
[41] che dice a Moïsè, di sé parlando:
[47] e per autoritadi a lui concorde
[48] d’i tuoi amori a Dio guarda il sovrano.
[56] che posson far lo cor volgere a Dio,
[57] a la mia caritate son concorsi:
[63] e del diritto m’han posto a la riva.
[66] quanto da lui a lor di bene è porto».
[70] E come a lume acuto si disonna
[72] a lo splendor che va di gonna in gonna,
[93] a cui ciascuna sposa è figlia e nuro,
[94] divoto quanto posso a te supplìco
[99] per lo seguir che face a lui la ’nvoglia;
[102] quant’ ella a compiacermi venìa gaia.
[107] che fa di sé pareglio a l’altre cose,
[111] a così lunga scala ti dispuose,
[112] e quanto fu diletto a li occhi miei,
[121] e vidi lui tornare a tutt’ i lumi
[125] innanzi che a l’ovra inconsummabile
[132] poi fare a voi secondo che v’abbella.
[133] Pria ch’i’ scendessi a l’infernale ambascia,
[141] da la prim’ ora a quella che seconda,

94. Paradiso • Canto XXVII

[1] ‘Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo’,
[10] Dinanzi a li occhi miei le quattro face
[12] incominciò a farsi più vivace,
[46] Non fu nostra intenzion ch’a destra mano
[53] a privilegi venduti e mendaci,
[60] a che vil fine convien che tu caschi!
[62] difese a Roma la gloria del mondo,
[120] omai a te può esser manifesto.

95. Paradiso • Canto XXVIII

[1] Poscia che ’ncontro a la vita presente
[12] onde a pigliarmi fece Amor la corda.
[33] intero a contenerlo sarebbe arto.
[46] E io a lei: «Se ’l mondo fosse posto
[57] ché io per me indarno a ciò contemplo».
[58] «Se li tuoi diti non sono a tal nodo
[73] per che, se tu a la virtù circonde
[74] la tua misura, non a la parvenza
[77] di maggio a più e di minore a meno,
[78] in ciascun cielo, a süa intelligenza».
[95] al punto fisso che li tiene a li ubi,
[102] e posson quanto a veder son soblimi.
[131] a contemplar questi ordini si mise,

96. Paradiso • Canto XXIX

[13] Non per aver a sé di bene acquisto,
[27] a l’esser tutto non è intervallo,
[32] a le sustanze; e quelle furon cima
[59] a riconoscer sé da la bontate
[60] che li avea fatti a tanto intender presti:
[67] Omai dintorno a questo consistorio
[101] da sé: però a li Spani e a l’Indi
[102] come a’ Giudei tale eclissi rispuose.
[113] sì ch’a pugnar per accender la fede
[116] a predicare, e pur che ben si rida,
[138] quanti son li splendori a chi s’appaia.
[139] Onde, però che a l’atto che concepe

97. Paradiso • Canto XXX

[4] quando ’l mezzo del cielo, a noi profondo,
[5] comincia a farsi tal, ch’alcuna stella
[6] perde il parere infino a questo fondo;
[9] di vista in vista infino a la più bella.
[13] a poco a poco al mio veder si stinse:
[14] per che tornar con li occhi a Bëatrice
[16] Se quanto infino a qui di lei si dice
[18] poca sarebbe a fornir questa vice.
[29] in questa vita, infino a questa vista,
[32] più dietro a sua bellezza, poetando,
[33] come a l’ultimo suo ciascuno artista.
[34] Cotal qual io lascio a maggior bando
[45] che tu vedrai a l’ultima giustizia».
[54] per far disposto a sua fiamma il candelo».
[55] Non fur più tosto dentro a me venute
[57] me sormontar di sopr’ a mia virtute;
[86] ancor de li occhi, chinandomi a l’onda
[99] dammi virtù a dir com’ ïo il vidi!
[101] lo creatore a quella creatura
[133] E ’n quel gran seggio a che tu li occhi tieni
[135] prima che tu a queste nozze ceni,
[137] de l’alto Arrigo, ch’a drizzare Italia

98. Paradiso • Canto XXXI

[15] che nulla neve a quel termine arriva.
[29] scintillando a lor vista, sì li appaga!
[30] guarda qua giuso a la nostra procella!
[36] a le cose mortali andò di sopra;
[38] a l’etterno dal tempo era venuto,
[49] Vedëa visi a carità süadi,
[63] quale a tenero padre si convene.
[65] Ond’ elli: «A terminar lo tuo disiro
[78] non discendëa a me per mezzo mista.
[85] Tu m’hai di servo tratto a libertate
[90] piacente a te dal corpo si disnodi».
[93] poi si tornò a l’etterna fontana.
[96] a che priego e amor santo mandommi,
[104] viene a veder la Veronica nostra,
[121] così, quasi di valle andando a monte
[130] e a quel mezzo, con le penne sparte,
[133] Vidi a lor giochi quivi e a lor canti
[135] era ne li occhi a tutti li altri santi;
[141] li suoi con tanto affetto volse a lei,

99. Paradiso • Canto XXXII

[14] giù digradar, com’ io ch’a proprio nome
[21] a che si parton le sacre scalee.
[27] quei ch’a Cristo venuto ebber li visi.
[41] a mezzo il tratto le due discrezioni,
[52] Dentro a l’ampiezza di questo reame
[59] a vera vita non è sine causa
[65] creando, a suo piacer di grazia dota
[80] convenne ai maschi a l’innocenti penne
[85] Riguarda omai ne la faccia che a Cristo
[87] sola ti può disporre a veder Cristo».
[90] create a trasvolar per quella altezza,
[96] dinanzi a lei le sue ali distese.
[97] Rispuose a la divina cantilena
[106] Così ricorsi ancora a la dottrina
[109] Ed elli a me: «Baldezza e leggiadria
[113] giuso a Maria, quando ’l Figliuol di Dio
[125] di Santa Chiesa a cui Cristo le chiavi
[133] Di contr’ a Pietro vedi sedere Anna,
[138] quando chinavi, a rovinar, le ciglia.

100. Paradiso • Canto XXXIII

[10] Qui se’ a noi meridïana face
[14] che qual vuol grazia e a te non ricorre,
[17] a chi domanda, ma molte fïate
[25] supplica a te, per grazia, di virtute
[43] indi a l’etterno lume s’addrizzaro,
[56] che ’l parlar mostra, ch’a tal vista cede,
[57] e cede la memoria a tanto oltraggio.
[60] rimane, e l’altro a la mente non riede,
[68] da’ concetti mortali, a la mia mente
[72] possa lasciare a la futura gente;
[73] ché, per tornare alquanto a mia memoria
[80] per questo a sostener, tanto ch’i’ giunsi
[95] che venticinque secoli a la ’mpresa
[100] A quella luce cotal si diventa,
[107] pur a quel ch’io ricordo, che d’un fante
[108] che bagni ancor la lingua a la mammella.
[114] mutandom’ io, a me si travagliava.
[122] al mio concetto! e questo, a quel ch’i’ vidi,
[123] è tanto, che non basta a dicer ‘poco’.
[136] tal era io a quella vista nova:
[142] A l’alta fantasia qui mancò possa;
[149] à = a grave
[156] ä = a uml
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